Un racconto di Francesco Montonati
Numero di battute: 2451
«L’anno prossimo mettiamo l’aria condizionata. Eh, gioia?»
L’uomo che lei chiama gioia sta sulla poltrona di pelle con le gambe allungate sul pouf e non sposta gli occhi dallo schermo della televisione. Lei gli passa davanti per andare in cucina. Ha in mano il mocio e il secchio, li porta sul balconcino vicino ai contenitori dei rifiuti.
Quando rientra: «Non c’è un filo d’aria» dice.
«Devo chiamare i ragazzi» fa lui.
Lei si fa aria al collo sudaticcio con una bolletta presa sul tavolo. «Perché?»
«Non mi chiamano mai, e io sono solo.»
«Chiamiamoli, se li vuoi sentire.»
Lui si sistema i pantaloncini tirandoli di qui e di là.
«Ti dà fastidio?»
Lui non risponde.
«Devi bere, gioia. Hai bevuto? Hai lì ancora tutta l’acqua.»
L’uomo che lei chiama gioia beve e posa il bicchiere sul tavolino da caffè.
«Bravo. Ne vuoi ancora?»
Lui scuote la testa.
«Devo chiamare
i ragazzi»
«Devi bere tanto. Lo sai che bisogna bere tanto.»
«Lo dicono sempre.»
«Chi lo dice, gioia?»
Lui non risponde.
«Chi lo dice? Alla televisione, lo dicono?»
«Lo dicono sempre.»
«Chi lo dice?»
«Alla televisione.»
Lei prende il telefono di lui, quello con i numeri grandi.
«Li vuoi chiamare, allora?»
Lui si volta a guardarla. «Chi?»
«I ragazzi. Li vuoi chiamare?»
«No.»
«Hai detto che li volevi chiamare.»
«Mi chiamano loro, se mai.»
«Chiamali tu, se li vuoi sentire.»
«Se mi chiamano, poi li sento.»
«Ti faccio il numero?»
Lui torna a guardare la televisione.
Lei prepara da mangiare e gli lascia il piattino con le zucchine e la mela sul tavolino da caffè. L’uomo che lei chiama gioia mangia in silenzio, senza staccare gli occhi dalla tivù. Si asciuga il sudore sulle tempie con il dorso della mano.
Lei gli ha posato la brocca d’acqua fresca di frigo sul tavolino e adesso è sulla soglia, con la borsetta in mano. Gli dice che va. Che ci vediamo domani.
Lui spegne la televisione e la guarda.
Dei bambini di là dalla finestra urlano dietro un pallone e un’auto cigola frenando, qualcuno impreca. Il vento non si decide a far muovere nulla. Lei è ancora ferma sulla soglia. Lui allunga il braccio a raggiungere il bastone appoggiato alla libreria e si alza traballando. Libri vecchi, tanti libri. Impolverati, dimenticati sugli scaffali. Tra i libri, c’è un lettore che è da anni lì a prendere polvere, di musica qui non ne ascolta più nessuno. Sul lettore, il carillon del matrimonio. L’uomo lo prende e lo osserva passandoselo fra le dita.
«Prima» dice, «ho chiamato la Pina, di là. Non mi ha sentito. Si vede che dorme ancora.»
Francesco Montonati è nato nel 1976 a Milano, dove vive e lavora come freelance in ambito editoriale. È stato anche musicista e attore, e ha scritto il suo primo racconto a undici anni, ispirato a Edgar Allan Poe. Suoi racconti sono stati pubblicati dalle riviste Blam, Grado Zero e MagO'.
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