Un racconto di Ivan Chioccarello
Numero di battute: 2084
Convento di San Pietro, Treviri, 1944
Dall’ostinazione dei motori a elica della Royal Air Force devo dedurre che questa volta l’ordine sia di radere al suolo l’intera città.
Una città di cui rimane ben poco, ormai. Palazzine ridotte in brandelli, fili d’acciaio ritorti dal caldo e alcune statue sfigurate nel volto.
Spingendo lo sguardo oltre la prima cinta muraria, si scorgono anse fluviali trasformate in crateri. Mentre passeggiando lungo i viali, si percepisce l’odore dei tigli mischiarsi con quello dei corpi bruciati: civili stanati dal panico e poi arsi vivi a due passi da casa.
È stato proprio per non fare la loro stessa fine che noi siamo rimaste immobili dove eravamo: al riparo sotto l’unica zona del convento risparmiata dal fosforo.
«Una città di cui rimane ben poco, ormai.»
Qui, dopo esserci spogliate, abbiamo indossato le nostre tuniche bianche e ci siamo distribuite secondo l’ordine prestabilito. Una volta formato il cerchio, ci siamo abbassate, in ginocchio, e abbiamo iniziato a bisbigliare in una lingua che non è la nostra, sussurrandoci all’orecchio delle parole che messe l’una accanto all’altra ci indicano un mondo al di là di questo.
Nel corso degli anni siamo state al centro di molti pettegolezzi. Vedendoci sempre immerse nella preghiera, impegnate a consumare con le dita i piccoli grani in legno di noce che formavano i nostri rosari, c’è chi si è fatto strane idee. Hanno iniziato a chiamarci “esaltate”, “streghe”, “fanatiche”. Ma la verità è che volevamo solo essere pronte; e per essere pronte, abbiamo dovuto passare una vita intera a prepararci per questo momento.
Ma anche tra noi c’è chi dubita, questo non lo nego. Lo si percepisce dai sospiri e dalle mani che tremano. C’è chi si chiede se in momenti come questi, mentre i tetti crollano e le fiamme divampano, non avrebbe più dignità impazzire e accettare il fuoco come unico destino collettivo. E infatti loro moriranno qui, colpevoli di non essere riuscite a temprare il corpo attraverso la fede; prigioniere di un vincolo che le costringerà per sempre a una verità terrena. Mentre noi… noi saremo altrove.
Noi siamo già altrove.
Bio: Ivan Chioccarello (1996) è nato a Vicenza. Ora vive a Bologna. Alcuni suoi racconti sono comparsi sulle riviste Suite Italiana, Quaerere e micorrize.
Un racconto di Andrea De Luca Italia
Numero di battute: 2038
Mani affogano nelle sabbie mobili di Liszt e cercano ossigeno dove possono. Non nell’avorio consunto del pianoforte verticale di sua nonna, che la lei bambina considerava migliore amico della donna. L’asfittico legno del terzo piano abbandonato racconta ancora storie di quei giorni e irrequieto tanfo di Nazionali.
Giugno le tira i capelli da una fessura nella tapparella incrinata, ma lo sguardo è perso nella macchia nera sulla parete del salotto, nei suoi tragici confini così simile a un neuma. C’è una risposta, in quella fuga di luce, che indugia a rivelarsi – la domanda, d’altronde, è mal posta. Il lungo interrogatorio dura da quando la treccia bruna incorniciava la clavicola e la voce secca della madre di sua madre addolciva le stagioni: suoneresti ancora per me?
Ora la spina dorsale è crocefissa contro il malmesso schienale di plastica di una sedia verde di Leroy Merlin. A ogni sguardo lanciato oltre la tavola armonica, il nero si fa un po’ più vasto, ma tace.
«Giugno le tira
i capelli»
La casa non è più abitata da quasi cinque anni, l’aria vibra ancora acida di pomodoro e soffritto, intriso nel tagliere che da ragazzina usava come leggio. Tiene ancora un po’ la ragione all’oscuro delle proprie intenzioni, così le prime note dell’Étude S.140 No.3 in sol diesis minore sfidano a duello la memoria e i detriti che ingolfano l’ingresso.
Polvere, sul campo di battaglia, che l’afa mastica e sputa tra le crepe del parquet e sotto la gomma dei talloni delle Vans, le stesse che ogni mattina la traggono in una Cariddi di metropolitane e grattacieli.
Metà del brano, la macchia è più grande della sua testa, audace le chiede di duettare, detta il tempo all’affondo maldestro delle falangi. Il crescendo sloga la ruggine nei polsi, slegati dalla mente. La carta da parati, gravida d’orrendi fiori rosa, evapora come un lontano fantasma e un’oscurità nuova di danze divelle il pomeriggio.
Maria è le sue mani che ora ricorda di avere, Maria è i suoi occhi fissi nel muro che scompare, la voragine non ha un cazzo da dire. Ma anche il silenzio suona.
Andrea De Luca Italia nasce a Roma, dopo la fine dell’Unione Sovietica ma prima della vittoria dei Jalisse a Sanremo. Una sua poesia e un suo racconto sono apparsi, rispettivamente, negli e-book Sunday Poets. Il futuro, uno sguardo sul mondo che verrà (La Stampa/40K, 2015) e Domani Ti Scrivo (Mondadori, 2020). Nel 2022 vede la luce stasi inquiete (Eretica, 2022), la sua prima raccolta di poesie.
Roberto Rossi (Perugia, 1971) giornalista professionista. Ha scritto e lavorato per Radio 24 – Il Sole 24 Ore, la Repubblica, l’Unità occupandosi di economia, politica, cronaca. Laurea in Scienze Politiche, Scuola di Giornalismo IFG Carlo De Martino, ha pubblicato per Bur-Rizzoli il libro d’inchiesta Bidone Nucleare (2011).
Oggi vive a Foligno dove realizza e gestisce progetti di comunicazione per enti e imprese.
Il suo romanzo d'esordio è La regola del tre (Marsilio, 2024).
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