Un racconto di Alessandra Lamanna
Numero di battute: 2444
Li hai nascosti in borsa, in un tovagliolo di carta che non trattiene l’olio in eccesso. Ti resterà la puzza. Sei anelli di calamari come i nostri sei anni assieme.
È un giovedì di gennaio in un ristorante di sushi di fronte all’Adriatico. Fuori quattro gradi, dentro un clima equatoriale. C’è un acquario, anzi no, solo un grande schermo tv che proietta immagini di un acquario con pesci tropicali. Tutto è blu: tavoli, divanetti, pavimento. Tutto troppo fermo, impregnato dell’odore pungente della salsa di rafano. Si muove solo la cameriera per uscire a buttare secchi neri.
Ordini come se fossimo in dieci.
«Non ce la faremo mai a finire» dici divertita.
«Se non mangi tutto, paghi una penale» ti dico serio.
Non lo sapevi, fai la tua faccia ingenua, quella dell’inizio anche se presto i barlumi di innocenza si sono alternati a distillati di ferocia. Come quella volta che mi tirasti giù le mutande e poi ti fermasti di botto: «Il tuo odore sembra la pipì del mio gatto» dicesti.
Ora invece dici: «Per una volta che non capisco una cosa io fra le migliaia che non hai mai capito tu».
La volta che hai abortito, per esempio. Non volevi un figlio, eravamo d’accordo. Anche quando la ginecologa ci fece sentire il battito, nessun dubbio. Eppure, ci rimuginasti per mesi finché io sputai un: «Massì, io forse lo avrei tenuto». Ecco: se dovessi trovare l’inizio della fine, direi che è questo.
Come archivierai questa ultima cena per restituirti le chiavi di casa? Io fra le cose misere, come quelle che non hai più la forza di sperare.
«Se non mangi tutto, paghi
una penale.»
Ingoi un uramaki in fretta per chiedermi: «Hai presente quando lei dice che la gente dovrebbe fare solo quello?». Parli dell’ultimo film al cinema. La protagonista passa metà pellicola a scopare.
Annuisco distratto, non mi va di parlarne. Assolvevi il sesso come un compito a cadenza settimanale. Ho sentito dire che ora te la fai con uno sposato, ma credo che ci andassi a letto mentre ancora timbravi il cartellino della nostra routine sessuale.
I sei anelli fritti sono ancora nel piatto. Te ne rigiri uno all’anulare sinistro. Alludi a un matrimonio di cui non abbiamo mai parlato: «Non eravamo fatti per questo».
Allungo le chiavi sul tavolo. Le raccogli con gli anelli fritti e metti in borsa. Usciamo con il biscotto della fortuna.
«Presto colmerai un vuoto» leggo. «E il tuo?»
«Devi liberarti di un peso.»
Ci muoviamo verso il bidone dell’organico. Mi fai cenno di seguirti, poi ti liberi dei calamari.
Alessandra Lamanna, 48 anni, è nata a Taranto e vive a Bari. Insegna inglese nelle scuole superiori. Non esce mai di casa senza un libro in borsa, ama addormentarsi leggendo.
Un racconto di Guido Casamichiela
Numero di battute: 2494
Scrivere a Tania dell’ufficio acquisti un’email contenente la richiesta di ordinare per esempio numero 2 cucitrici e numero 4 scatole di fermagli zincati ricevendo come risposta gentilissimo, provvedo subito, ti aggiorno quanto prima sui tempi di consegna, buona giornata, Tania equivaleva a dichiararsi il reciproco amore. Ne era convinto da un mese, o forse due, al massimo tre: non ricordava da quanto esattamente.
Tutti i pomeriggi, sdraiato sul divano della sala, perdeva tempo a ricostruire le origini di questa sorta di intesa comunicativa clandestina, e intanto inventava dettagli pseudoborgesiani.
«Gentilissimo, provvedo subito.»
Protetto dalla penombra di un vicolo, in un tempo lontano, lui le aveva consegnato un manualetto rilegato dalla copertina traslucida con tutte le indicazioni (anche quelle per farmi capire che non mi ami più, aveva precisato in un bisbiglio che era quasi un singhiozzo); lei l’aveva rifiutato. Era già lontana quando gli aveva sussurrato piano eppure fortissimo lascia i manualetti alle coppie senza intesa, non svilirci, non farlo, non lo meritiamo.
La sera invece i dubbi lo assalivano: e se mi fossi sbagliato? Si chiedeva talvolta, allarmato. Se lei non capisse che dietro ogni mia richiesta di acquisto c’è sempre un ti amo? E se non fosse vero che dietro i suoi procedo con l’ordine c’è sempre un ti amo di più io? Se fosse tutto solo nella mia testa?
Erano allarmi di un minuto, che rientravano non appena si ricordava di come lei l’aveva guardato una volta, alla mensa che frequentavano entrambi pur senza mangiare mai allo stesso tavolo. Si trovavano alla cassa, lei davanti a lui. Stavano per pagare, avevano la tesserina dei buoni pasto nella mano. Lei si era voltata per un attimo e l’aveva fissato, prima di rivolgersi alla cassiera. Gli era sembrato uno sguardo intenso, lei aveva addirittura sospirato, appena appena. Due secondi dopo, lui stava già dicendo a se stesso tieni a mente questo sguardo, tienilo a mente per i momenti sciagurati in cui non sarai più sicuro di niente, e fatteli passare.
Finito l’allarme, non poteva fare a meno di chiederle mentalmente scusa per avere dubitato.
Di solito si addormentava subito dopo che lei, tornata nella penombra del vicolo, dettava le sue dolci condizioni: ti scuso solo se mi prometti che è l’ultima volta, ricorda sempre lo sguardo della mensa, ricorda il sospiro, e non smettere di scrivermi email per richiedere nuova cancelleria, non vivo che per quelle, sette ore al giorno, cinque giorni a settimana, un sabato al mese.
Guido Casamichiela, cinquant’anni, due cose ama: le bio lunghissime e l’incoerenza.
Un racconto di Mario Greco
Numero di battute: 2445
La nostra casa è piccola, ma in compenso è molto luminosa. Ci sono tre balconi. Su ognuno di questi balconi mia moglie ha disposto un compatto schieramento di piante. In prima linea, ha posizionato le piante da guardia, è così che le chiama lei: catambra, citronella, basilico, lavanda… Mia moglie ha una passione sfrenata per le piante, e ogni volta che la vedo trafficare intorno a esse cerco di immaginare quello che sarebbe stata capace di fare se avessimo avuto la fortuna di possedere una casa con un bel giardino.
Le piante da guardia funzionano, questo è certo. Le zanzare si tengono alla larga. Nostra figlia ancora non ci crede, dice che è impossibile. Non so perché, ma è sempre così scettica su tutto, sta sempre a criticarci. L’abbiamo avuta troppo tardi, è questo il punto. Da ragazzina si vergognava di noi, perché avevamo quasi il doppio dell’età dei genitori delle sue amichette. È da un bel po’ che non abita più in questa casa, convive con un uomo, un poco di buono che un giorno sì e uno no le mette le mani addosso e la minaccia.
Proprio ieri è stata qui, si è presentata nel tardo pomeriggio, tutta accaldata, con una t-shirt indossata al contrario e una piccola tumefazione sullo zigomo sinistro. Mia moglie ha subito incominciato ad agitarsi. «Dimmi che non è successo di nuovo» chiedeva. «Mio Dio, dimmi che non è successo di nuovo.»
«Dimmi che
non è successo
di nuovo.»
«Prima o poi lo ucciderò quel bastardo» ho detto a mia moglie, poco più tardi, mentre nostra figlia era in bagno, sotto la doccia. Ho stretto i pugni. Non so, sicuramente avrò fatto una faccia strana, perché mia moglie è stata quasi sul punto di mettersi a ridere. Nostra figlia ha mangiato un po’, ma soltanto per farci contenti. Qualche spicchio di pomodoro, mezza mozzarella.
Dopo che se ne è andata nella sua stanza, io e mia moglie siamo usciti sul balcone del nostro minuscolo soggiorno. Non c’era un alito di vento. Mia moglie ha preso l’innaffiatoio e ha iniziato a parlare con le piante. Fa sempre così. Tiene l’innaffiatoio in una mano e con la mano libera accarezza le piante e dice: «Avete sete, poverine, avete sete eh?». Questa volta, però, la voce le tremava. E le tremava anche il braccio che reggeva l’innaffiatoio. «Lascia fare a me» le ho detto. «Ci penso io.»
Lei dice sempre che non ne sono capace, che ogni volta combino un pasticcio, tra acqua per terra e schizzi di fango, ma ieri sera sono stato molto attento, e lei non ha avuto assolutamente niente da ridire.
Mario Greco è nato nel 1959, a Sant’Arsenio, dove risiede. Nel 2011 ha ricevuto una menzione speciale dalla giuria del Premio Chiara per una raccolta di racconti inediti. Nel 2016 un suo racconto è stato pubblicato nell’antologia Dieci racconti per Piero Chiara (Macchione editore). Altri racconti sono stati pubblicati sulle riviste Tuffi, Carie, Grado Zero, Pastrengo, Rivista Blam, il Mondo o Niente, In fuga dalla bocciofila, Formicaleone, Smezziamo, Quaerere, Birò, Grande Kalma.
Paolo Zardi è nato a Padova nel 1970 e ha esordito con la raccolta di racconti Antropometria (Neo, 2010).
Ha pubblicato i romanzi La felicità esiste (Alet, 2012), XXI secolo (Neo, 2015, tradotto in spagnolo e nella dozzina del Premio Strega 2015), La Passione secondo Matteo (Neo edizioni, 2017), Tutto male finché dura (Feltrinelli 2018), L'invenzione degli animali (Chiarelettere, 2019) e Memorie di un dittatore (Giulio Perrone, 2021).
Tra le sue raccolte di racconti ci sono: Il giorno che diventammo umani (Neo, 2013), La gente non esiste (Neo, 2019) e La meccanica dei corpi (Neo, 2023).
Ha inoltre pubblicato le novelle: Il signor Bovary (Intermezzi, 2014), Il principe piccolo (Zoom Feltrinelli, 2015), La nuova bellezza (Zoom Feltrinelli, 2016), Eva (Kobo Originals, 2022), L’ultimo raccolto (Tetra, 2022).
Ha tenuto diversi corsi di scrittura, con particolare attenzione per la forma del racconto. È ingegnere elettronico e lavora come project manager in un’azienda informatica. Cura il blog grafemi.wordpress.com
Riccardo C. Mauri, nato a Milano nel 1983, è autore comico per la trasmissione Le iene (Italia 1). Ha lavorato anche come sceneggiatore per web-series e progetti di animazione, autore di soggetti, ghostwriter e copywriter.
Nel 2018 ha pubblicato un libro per bambini dal titolo Super Pangolino e nel 2021 un romanzo YA dal titolo Non fate arrabbiare Petra, entrambi pubblicati da Editrice Paoline.
Valeria Gallina (1971) è socia di uno studio di dottori commercialisti. Vive a Torino con suo figlio e i suoi tre gatti.
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