Un racconto di Alessandra Balla
Numero di battute: 2398
«De puzza non ce se more ma de freddo sì.»
Me lo ripeteva sempre la bon’anima de mi marito, ma io questo so fà, io so pulì. De ’sta Roma bella, de ’sta Roma dei ricchi, ho visto tutti i cessi. Ho rassettato i letti con le lenzuola pulite, che poi sò più grigie e zozze de quelle de noi poveracci. Ormai da quarant’anni mi sveglio tutte le mattine alle 5, per dare il buongiorno al Colosseo e ai figli degli altri. Per il mio non ce stavo mai. Alle 8 quando Marco s’alzava per andare a scuola, io già avevo fatto due ore di lavoro. Bruno stava dentro al bar con le mani sporche de fumo e i caffè da servì al banco. ’Na vita de sacrifici, con pochi spicci in tasca e tante scale da lavà.
«Buongiorno, signora Adele» me dicevano. Ma io signora non ce so’ mai stata. Ero signora solo pe’ mi marito. Signora me chiamava il commercialista e quei quattro avvoltoi che c’hanno tolto tutto.
«Ma io signora non ce so’ mai stata.»
La domenica era ’na festa. Preparavo la lasagna e la portavo al bar. Magnava de core pure quel ragazzetto secco secco che aiutava nelle mansioni mi marito. Ci mettevamo seduti a un tavolino e ce sembrava de stà al ristorante. E poi Bruno mio faceva er mejo caffè de Roma, mi ci metteva sopra la panna e diceva che era dolce come me. La domenica era il giorno del Signore pure per noi poveracci. Dopo pranzo accompagnavo Marco al parco. Mica giocava, se ne stava seduto a leggè con le gambe incrociate. A Brunetto mio più de ’na volta me so’ permessa de confessà che ’sto figlio nostro non era normale come gli altri, ma lui mentre fumava me tranquillizzava: «Non te preoccupà, ’sto figlio der barista c’ha er cervello de’n astronauta».
E c’aveva ragione. Quando vedo Marco in giacca e cravatta venì qua a casa la domenica, me se fanno l’occhi grossi grossi e me commuovo. Marco fa il dottore e a quei ricchi che gli ho pulito i cessi mò lui gli salva il culo, ma lo salva pure ai poveracci come noi che in questa Roma bella non smettono de sperà.
Con le mani un po’ accartocciate e non più svelte come ’na volta, io a pulì so ancora brava. Sto a servizio dalla signora Matilde. Una signora vera per classe e sciccheria. Ma tutte le mattine, dopo che il sole s’alza con me alle 5, come ’sti quarant’anni passati, vado a dà il buongiorno al Colosseo, lo saluto e gli tiro un bacio pure pe’ Bruno mio. Io questo so fà. Io so pulì.
«Ade’, quando me moro, me raccomando, salutame er Colosseo e digli che gli ho voluto bene.»
Alessandra Balla (1990) è nata a Tivoli e vive a Roma. Laureata in Editoria e Scrittura è giornalista pubblicista. Ha lavorato per la redazione cultura de La Repubblica e in diverse riviste di cinema e spettacolo. Questo è il suo primo racconto.