Un racconto di Edoardo Arzenton
Numero di battute: 2482
Che mi risulti, vi è un unico incontro storicamente documentato, documentato in modo certo, tra terrestri e alieni, un incontro avvenuto molte migliaia di anni fa nel territorio dell’odierna Armenia, nei pressi del fiume Aras o Araxes, e le cose sono andate come segue.
L’umano, l’armeno, è nudo nel fiume, si sta lavando dopo settimane di pascolo delle greggi, quando d’un tratto una luce abbagliante cala dal cielo e squarcia le nuvole. Il tuono che ne segue accompagna l’urlo di un essere che sembra apparire dal nulla sulla sponda sinistra del fiume. L’armeno, immobile per la paura, si è pisciato addosso e ora l’orina scorre a valle trascinata dall’acqua.
«E le cose sono andate come segue.»
Durante i minuti (o i secondi) in cui nessuno dei due parla o si muove, un uccello dal piumaggio arancione simile a un condor, incuriosito dal rumore, viene a posarsi su di un ramo per guardare la scena, ed è a quel punto che l’essere proveniente dallo spazio profondo si erge in tutta la sua altezza, un’altezza considerevole, tanto che l’uccello arancione, abituato agli armeni, che sono bassini, preferisce scansarsi verso la punta del ramo come a dire se butta male io me la filo, poiché la creatura intergalattica è possente come tre armeni uno sopra l’altro.
Poi il terrestre e l’alieno si guardano in un modo che l’uccello arancione, se sapesse comunicare, e comunque in base alla sua esperienza a contatto con gli umani, definirebbe straordinariamente tenero, ignorando che l’uomo e la creatura vedono l’uno negli occhi dell’altro molte cose, alcune incomprensibili: nuclei di stelle morenti, verdi foreste sconfinate, civiltà iper-tecnocratiche, deserti di sabbia, cuccioli di creature estinte uscire assonnati dalle caverne alla fine dell’inverno, ciclopi a bordo di hovercraft, un airone che con le zampe solletica la superficie di un lago.
Evidentemente però le intenzioni della creatura spaziale sono quelle di ripartire al più presto, perché prima del tramonto, senza nessun altro accadimento di rilievo, sparisce com’è apparsa, con un grido dilaniante e uno spettacolare lampo che acceca permanentemente l’uccello, il quale da quel momento avrà bisogno di aiuto anche per i voli più brevi, non potrà più cacciare, né seguire i suoi simili nel periodo della migrazione o ammirare il suo meraviglioso piumaggio. Di lui si prende quindi cura l’armeno, che lo veglia fino al giorno in cui non riesce più a battere le ali, dopodiché lo spenna e con le sue carni nutre la propria famiglia per quasi una settimana.
Edoardo Arzenton (1988) vive a Vicenza, è sposato e lavora nel mondo della finanza.
Ha pubblicato racconti sulle riviste Gradozero e Yawp. Scrive su un blog che non segue nessuno e in meno di tre anni riuscirà a finire il suo romanzo. Forse.