Un racconto di Adriano Giotti
Numero di battute: 2497
Mentre camminiamo, lo zaino inizia a pesarmi sulla schiena, ma lui non fa cenno di prendermelo. Nessuno nel quartiere osa alzare lo sguardo su di lui. Il mio amico Michele l’altro giorno mi ha detto che mio padre è l’invidia di tutti, non ce l’ha nessuno un padre figo come il mio. Non gli ho risposto che spesso non ce l’ho neanche io, un padre come il mio. Mentre camminiamo sento che gli squilla il cercapersone. Succede sempre quando stiamo assieme, ma stavolta non risponde. Mi carezza la testa e mi spinge dentro un bar.
Prendi quello che vuoi, mi dice.
Ci sediamo al bancone, c’è odore di pastarelle. Io prendo un tramezzino tonno e uovo, lui una Peroni da 66. Mi guarda mangiare, mentre beve la sua birra. Il cercapersone gli squilla di nuovo. Persino il barista glielo fa notare, ma mio padre dice che non fa niente.
Mi porta allo spiazzo. Quello dietro l’Aniene, vicino a dove fa la curva. È il suo posto preferito. Non c’è niente, solo erba e palazzi in lontananza. Una volta mi aveva raccontato che c’era una roulotte, ci viveva un pazzo dentro. E un giorno morì bruciato perché si addormentò con la sigaretta accesa.
Togliti lo zaino, mi dice.
Lo tolgo, lo butto sull’erba.
Togliti anche il giubbotto, mi dice.
Ubbidisco.
Spicciati, vieni qua, mi dice.
«Adesso colpiscimi.»
Mi fa vedere come mettermi in posizione, la gamba sinistra sempre più avanti della destra per poter colpire con il destro. Mi insegna il gioco di equilibrio. L’uno di fianco all’altro, mi sento la sua copia in miniatura, mi chiedo se diventerò mai forte quanto lui. Il suo bicipite è grosso quasi come la mia testa.
Adesso colpiscimi, mi dice.
Lo colpisco dove arrivo. Alla bocca dello stomaco. Mi faccio male alla mano.
Riprovaci, mi dice.
Gli viene da ridere mentre lo colpisco di nuovo. Mi fanno male le nocche, mentre mi ripete di colpirlo. Poi mi prende la faccia con la mano e mi allontana. Mi ripete di colpirlo, ma le mie braccia mulinano senza andare a segno, non c’arrivo, è troppo lungo il suo braccio. La sua mano sa di ferro e di sporco. Provo a morderla, lui la solleva all’improvviso e io perdo l’equilibrio e cado a terra.
Alzati, mi dice. Spicciati.
Mentre mi rialzo, mi scaglio contro di lui, che si sposta, ci riprovo, ma si sposta di nuovo.
Concentrati cazzo, mi dice, sto qua davanti a te.
Mi afferra di nuovo per la testa. Stringe. Sento le sue unghie cacciarmisi dentro la pelle. Urlo. Ma lui non la smette. Gli vedo gli occhi, lo sguardo lontano, freddo.
Fino a quando il cercapersone squilla di nuovo. E lui molla la presa.
Adriano Giotti (1984) è nato a Firenze ma vive a Roma. Laureato in Teoria della comunicazione e Master in Scrittura alla Scuola Holden. Il suo cortometraggio Mostri è stato selezionato nella cinquina dei David di Donatello 2017. Il suo primo lungometraggio Sex Cowboys ha vinto il premio come Miglior Film Italiano al RIFF – Rome Independent Film Festival. Sta finendo di scrivere la sua prima raccolta di racconti, storie che al cinema non gli farebbero mai girare.