Un racconto di Anna Maniscalco
Numero di battute: 2184
Il giorno che la mia amica è andata a vivere con il suo fidanzato ha nevicato per la prima volta, quell’anno. Ho guardato fuori dalla finestra, la tazza di tè già troppo carico in mano, pensando che al mattino si sarebbero sconfortati – il camion con gli scatoloni bloccato nel traffico, la fanghiglia sui marciapiedi – ma alla sera si sarebbero seduti sul divano appena spacchettato, sotto una lampadina ancora nuda, e avrebbero visto i fiocchi che continuavano a cadere su quello che finalmente era il loro balcone.
Non sono mai stata brava con il bricolage, non so disegnare, ritagliare, incollare, spennellare, ma ho fatto sviluppare un vecchissimo rullino con le nostre foto da piccole: due neonate minuscole, messe una accanto all’altra nella culla e totalmente indifferenti a ogni altro essere umano nei dintorni.
«Ecco, per te,
un tetto, una vita,
un amore.»
Avrei attaccato le foto con delle mollettine a un filo di luci di Natale, l’avevo già visto in tante case diverse, e sapevo che non le sarebbe importato avere una cosa che non fosse unica, solo sua.
La settimana prima del trasloco abbiamo fatto un sopralluogo, noi due. Ha controllato che le piastrelle in cucina non si fossero scheggiate dopo la posa, che non ci fossero più cavi in vista. Abbiamo passato lo straccio per togliere la polvere d’intonaco che era sfuggita ai teloni di protezione. Tutto aveva un odore eccitante e insopportabile. Il forno, senza nessun alone, lo specchio del bagno senza ditate; non un segno sui muri, tutto le veniva consegnato immacolato, con l’unico imperativo di goderselo. Ecco, per te, un tetto, una vita, un amore.
Le ho chiesto se le servisse altro, e mi ha risposto che voleva un gatto, per avere qualcuno di cui prendersi cura. Ha detto, scherzando, che ero sempre stata la sua quercia, e ora che andava da sola nel mondo voleva restituire qualcosa.
Le ho risposto che non poteva mica diventarmi una persona matura nell’arco di una settimana, quella doveva essere l’unica cosa mia. Però mi ha fatto tenerezza. È vero che sono nodosa, e che mi ergo da sola sulla mia collina; mi piace la vista dall’alto, qualche volta.
Le ho messo una mano sulla testa, e le ho detto: «È l’ultima volta che ti faccio ombra, mia giovane amica».
Anna Maniscalco (1992) si è diplomata in Cinema alla Scuola Holden e in Arti del Racconto alla IULM. Nata a Modena, ora vive a Milano, si muove nell’editoria e collabora con ilLibraio.it. Ha scritto di film su Sushiettibili.eu e ha pubblicato racconti su Abbiamo le prove, inutile, L’Inquieto. Ha creato la newsletter La cinefila della domenica.