Un racconto di Dominique Campete
Numero di battute: 2500
Domenichella se ne stava barricata in casa da tre giorni; era Giovanni a ritirare la posta che, quella mattina, conteneva una busta gialla dell’agenzia immobiliare, grande almeno quanto il tagliere che usavano per affettare il pane.
«Domenichella, questi fanno sul serio, teniamo un guaio grosso grosso» aveva detto.
Tutto era cominciato sei mesi prima, quando la nipote Lauretta era arrivata di corsa a casa loro, con il grembiule da cucina addosso e le mani ancora sporche di farina.
«Zia!» urlava dalla strada. «Zia! Avete sentito il terremoto?»
Domenichella, in effetti, aveva sentito la terra fare una specie di rutto prolungato e poi rimettersi seduta, come dopo una buona cena, ma aveva continuato a ricamare la coperta per la nipote Maddalena che si sposava alla fine del mese.
«Domenichella,
questi fanno
sul serio.»
Qualche giorno dopo, però, aveva notato che sulle pareti della cucina erano apparse delle crepe profonde che tagliavano i muri in tutte le direzioni.
Di notte, quando il marito e le quattro figlie ancora da sposare andavano a dormire, lei cominciava a girare per la cucina, a piedi scalzi e senza accendere la luce. Si avvicinava a quei muri impregnati di umidità e odore di caciocavallo e appoggiava l’orecchio alle crepe con un’espressione assorta e un poco preoccupata.
Una mattina, Giovanni, mentre beveva il suo caffè corretto con Sambuca, aveva lasciato cadere per terra il cucchiaino e non lo aveva raccolto. «Domeniche’, ma che le succede a ’sta casa?» le aveva chiesto.
«Giovanni, io di notte ci parlo con questi muri e se ti dico che è tutto a posto tu mi devi credere» aveva risposto Domenichella, continuando a riempire l’imbuto di carne fresca e finocchietto.
«E cosa ti avrebbero detto i muri?»
«Mi hanno parlato di un cambio, di qualcosa di nuovo che sta per succedere.»
E infatti, dopo solo un mese, Rosina aveva tirato fuori la storia che si voleva sposare, anche se non aveva ancora finito i sedici anni e Peppino un vero lavoro non ce l’aveva. Ma quello sguardo di donna che le era venuto fuori tutto d’un colpo e la rotondità del seno, ogni giorno più evidente, avevano convinto entrambe le famiglie che non si poteva più aspettare.
Quindi si era risolto tutto con un bel matrimonio, semplice per carità, ma di tutto rispetto. Nessun paesano aveva potuto lamentarsi o criticarli. Poi, però, erano arrivati quelli dell’agenzia con l’ingegnere appresso per cercare di convincerli che la loro casa era in pericolo e che dovevano cercarsene un’altra. Ma questa cosa i muri non gliel’avevano mica detta e lei sapeva che non se ne sarebbe mai andata di lì.
Dominique Campete (1977) è nata ad Alessandria e da circa sei anni vive a Barcellona. Dorme poco, ride molto e scrive racconti brevi perché le fanno paura i progetti a lungo termine. Si è occupata per molti anni di sostegno alle persone in situazione di vulnerabilità e di progettazione. A Barcellona cogestisce un piccolo spazio educativo basato sulla pedagogia attiva. I suoi racconti sono apparsi su Verde, Cadillac e all’interno di diverse antologie.