Pastrengo Agenzia Letteraria

paolo marco durante racconto

el tóc

Un racconto di Paolo Marco Durante
Numero di battute: 2493

Ho tanti rimorsi. Di bene ne ho fatto poco e quel poco l’ho fatto male. Di male ne ho fatto abbastanza e anche quello l’ho fatto male, stupidamente, senza motivo. Da piccoli, al paese, pescavamo le scàrdoe, gli cavavamo gli occhi e le ributtavamo nel lago. Con le lamette tagliuzzavamo le lucertole, ma piano, per farle campare il più possibile. Catturavamo i passeri e li seppellivamo vivi. Uccidevamo i gatti a sassate. Una volta rubai a mia madre la scatola degli spilli e ne infilammo una cinquantina su una rana che in confronto San Sebastiano pareva che godesse.

Siamo belve.
Belve feroci coscienti della nostra incoscienza.

«Siamo belve.»

Al paese c’era lo scemo, come in tutti i paesi. Un vecchio, Antonio era il nome ma lo chiamavano el Tóc. Quando suonavano le campane dovunque fosse si metteva a ballare, poi, quando i rintocchi cessavano, si sedeva in un angolo a piangere, in silenzio, gli usciva solo una frase, piano, sempre la stessa: «Mama, no la smeta de cantar, la prego!». Non beveva, non dava fastidio a nessuno. Ogni giorno andava in piazza alla fermata della corriera, ad aspettare se stesso, diceva, se stesso che era andato a comprar senno.

Un giorno eravamo in tre sul ponticello dietro il canneto, avevamo catturato un vecchio gatto e con un pezzo di corda lo stavamo impiccando. D’improvviso compare el Tóc, capisce subito il nostro gioco e ci strilla di lasciarlo stare quel disgraziato, che «anca elo ’l xe ’n fiòl de Cristo!». E ci tira un sasso. Noi lasciamo cadere la corda, il gatto ormai è immobile, raccogliamo alcune pietre e gliele lanciamo. Lo colpiamo tre volte in testa, siamo bravi a quei giochi.

El Tóc si spaventa, cerca di ripararsi, poi è un attimo, scavalca il parapetto del ponticello e si getta in acqua. Noi ci sporgiamo a vederlo annaspare. Gli gridiamo: «Eh, Tóc, devi noàr, dài! Fa’ el pesse pèrsego!». Dopo tre minuti anche quel gioco finisce. L’acqua è di nuovo immobile. Raccogliamo la corda, diamo un calcio al gatto e ce ne andiamo.

Lo avevano ritrovato dopo più di un mese. Nessuno si era stupito che el Tóc fosse morto affogato, così stupidamente. Non ci furono inchieste. Fine della storia.

Salvo il fatto che io non sono riuscito a dimenticare. Per trovare pace mi illudo che un giorno sia arrivata la corriera, lui abbia incontrato quel se stesso che era riuscito finalmente a comprare un po’ di senno. Allora el Tóc se lo è messo in testa, quel senno, ed è diventato uno come noi, uno dei tanti, non più distinguibile, nascosto tra le belve feroci.

(il corsivo è da un verso di Giorgio Caproni.)

durante

Paolo Marco Durante lavora in città ma vive in campagna. Si occupa di arte contemporanea: gallerie, mostre, cataloghi, testi, ecc. Negli anni è diventato un tipo un po’ solitario e quindi scrive per inventarsi da sé le compagnie che più gli aggradano.