Un racconto di Danilo Di Prinzio
Numero di battute: 2218
Come scriverebbero i polli se avessero la possibilità di farlo? E cosa? Io credo che si metterebbero in disparte nel pollaio e attendendo di diventare galline inizierebbero a beccare sulla terra con tutta la forza della propria narice affilata, nel tentativo di tramandare il racconto della propria vita. E allora inizierebbero con il dire di essere nati senza averne nessun ricordo e di essersi ritrovati in un pollaio a beccare mangime insieme ad altri pennuti e che in qualche sporadica circostanza hanno provato persino a librarsi in volo. Ma non è accaduto mai nulla, tranne starnazzare nella gabbia in presenza di figure enormi improvvisamente piombate nel perimetro di pertinenza.
Cazzo di vita assurda. Insomma, in momenti di quiete, hanno tentato di abbozzare qualche segno sulla terra, soprattutto di notte. Il silenzio della notte è un silenzio che irretisce chiunque, figurarsi i pennuti ignari della propria origine.
«Cazzo
di vita assurda.»
Gino il pollo una sera è sorvolato da un vago ricordo, ricorda di essere stato rinchiuso in uno stato embrionale all’interno di un carcere con le pareti a forma di globo. Tutto pulsava in frizioni andanti e ritornanti, continue e inspiegabili, tanto che all’improvviso nel rossore nucleico, luminoso e circondato da bianche maree pulsanti, Gino, preso da un caldo feroce, decise di rompere gli indugi e di frantumare l’essenza entro la quale immaginava fosse racchiuso tutto il significato dell’essere, per venire claudicante fuori, attraverso gli interstizi che lasciavano intravedere frecce di luce. A parte questi momenti di ricordo che avvengono a tratti e come lampi, non gli sovviene nient’altro.
Adesso nella notte stellata guarda in alto, cammina irrigidendo il collo e subito allentandolo e subito di nuovo irrigidendolo in un continuo andirivieni istintivo. Guarda il cielo, abbiamo detto. E dopo averlo guardato cerca di segnare con il becco alcuni tratti sulla terra. Alla mattina prima che inizi a cantare il gallo ha riempito l’intero spazio del recinto. Ma una pioggia improvvisa e feroce cancella ogni cosa sotto la melma.
Marius fa lo stesso e così Luco, Madia, Radianza e tutti gli altri.
Poi nel tempo imparano a dimenticare diventando galline o galli che dir si voglia.
Danilo Di Prinzio è nato nel 1972 a Guardiagrele, antico borgo alle pendici della Majella. Dice di aver bruciato una laurea in Filosofia prima di iniziare a lavorare per un’impresa di costruzioni, lavoro durante il quale approfitta delle pause per scrivere racconti e poesie. Amante della musica, di Scarface e di Modigliani, nei periodi travagliati legge Faulkner, in quelli quieti McCarthy e negli altri corre in moto.