Pastrengo Agenzia Letteraria

irene pavan racconto

vetri rotti

Un racconto di Irene Pavan
Numero di battute: 2493

Raccolgo i vetri dal pavimento tenendo dentro i denti bestemmie rivolte a un dio che da anni non trovo più. Guardo l’ora, più per un’abitudine che per una necessità, i minuti sono tutti uguali e a contarli non è più un orologio, ma la lista delle medicine, il cambio del pannolone, la minestra da mettere sul fornello, da far ingoiare.

Era iniziata con un panino nella vasca da bagno, la scatola per formiche tra i piatti e la vicina seccata per la biancheria lasciata sul pianerottolo. All’inizio, mandi a quel paese la megera e ti fai una birra con il vecchio che ha ancora gli occhi che ridono, come se quelle fossero solo bravate.

«Era iniziata con un panino nella vasca da bagno.»

Con i giorni però anche la strada per arrivare al bagno diventa lunga, piena di insidie. Lo trovo così una sera come tante, a terra con i pantaloni bagnati a gridare che è colpa del tappeto, che lui lo sapeva dove si trovava quel maledetto cesso, ma il tappeto non l’aveva fatto passare. Quella volta non l’ho buttata sul ridere, l’ho aiutato a cambiarsi, voltando la testa per pudore.

Sistemo il bidone e torno dentro, chiudo la porta, viviamo prigionieri dei nostri muri che ci proteggono da un mondo pieno di pericoli: la strada trafficata, i corridoi delle cantine, qualsiasi posto è potenzialmente vasto e basterebbe per perdersi per un’ora o per sempre, non avrebbe importanza.

Il sole stamattina è sorto su una giornata sbagliata, di quelle in cui i colpi che prendi fanno male per ore. Incassata la sua rabbia, sono andato in cucina, ho preso del vino in tetrapak. Il vino scadente nel bicchiere di carta è come la piscia, mi ha detto. Hai ragione, ho risposto. È andato in camera mia e ha preso dallo scaffale in alto il boccale dell’Oktoberfest. Mio figlio se n’è andato anni fa, a lui non serve più. Hai ragione. Abbiamo bevuto il vino acido, poi lui si è spento in quelle pause dal mondo che ama prendersi, ho continuato da solo, sperando di ubriacarmi. Ho chiuso gli occhi, non so per quanto.

Svegliato da un tonfo, ho sperato che, se era il bagno la destinazione voluta, fosse riuscito a trovarlo. C’erano dei vetri sul pavimento, lui li guardava dispiaciuto. Si è scusato per il bicchiere, il mio bicchiere, per quell’ultima festa e per tutte quelle a cui avevo rinunciato, per le persone che non vengono mai a casa nostra, per quei giorni che marciscono la vita sua e mia. Le parole gli sono uscite come in un soffio, come in un sogno, così leggere che forse le ho solo immaginate.

Ho preso per mano mio padre e l’ho accompagnato a cambiarsi.

pavan irene

Irene Pavan è una scrittrice notturna, una lettrice compulsiva, una ricercatrice di ricordi smarriti. Scrive per una rivista di cultura e storia locale, cura presentazioni letterarie, prepara testi per reading teatrali, scrive racconti. Ha pubblicato il romanzo storico Solo per dirti addio (Nuovadimensione 2016), ispirato a una storia vera.