Un racconto di Francesco Gisolini
Numero di battute: 2477
Leila avrà avuto sedici anni e all’epoca stava con un ragazzetto un po più grandicello. Si chiamava Mathieu, ma avrebbe potuto chiamarsi anche Paul.
Mathieu e Leila un’estate avevano fatto una vacanza in Italia assieme; erano stati a Napoli e sulla costiera amalfitana. L’autunno seguente si sarebbero lasciati. Leila non ricordava il motivo. In verità, si era dimenticata quasi tutto di quegli anni. Tutto, tranne il loro ritorno in Francia dopo quel viaggetto: stavano facendo tappa a Genova, quando, seduti sui gradini del porto, a Mathieu squillò il cellulare. Era sua madre. Suo padre si era suicidato.
Si alzarono dai gradini, girarono a vuoto per la città, passarono una quarantina di volte davanti a Stazione Principe, giunta la sera cenarono in un ristorante e presero il treno.
«Si era dimenticata quasi tutto di quegli anni.»
Mathieu disse a Leila che stava facendo il possibile per simulare la normalità. Lei rispose che non ce n’era bisogno. Lui disse che di suo padre non gliene importava nulla. Leila sapeva che stava mentendo, ma preferì far finta di niente e si addormentarono.
Tornati a casa, Mathieu (che era figlio unico e viveva con sua madre) partecipò al funerale del padre; questi gli aveva lasciato una lettera. La lettera era scritta con una calligrafia aberrante; il padre di Mathieu raccontava di un’imminente apocalisse gnostica, dell’incontro con un emissario di Abraxas, di una sapienza proibita. Come Giuda, il vero messia, morì impiccato.
Leila non partecipò ai funerali. Andò a casa di Mathieu la sera, dopo le celebrazioni. Cenarono con la madre e fu una cena quasi spensierata, poi, mentre lei iniziava a sparecchiare, i due giovani uscirono sul balcone e si sedettero l’uno a fianco dell’altro su un piccolo dondolo.
Mio padre era pazzo, disse Mathieu. Leila l’abbracciò e gli accarezzò la testa. Impazzirò anch’io, disse Mathieu. No, tu non impazzirai, disse Leila. Odio mio padre, disse Mathieu. Leila tacque.
Poiché non sembrava esservi antidoto alla desolazione quella sera, andarono a coricarsi presto. Leila s’addormentò fra le braccia di Mathieu.
Sognò Abraxas. Lo vide terribile come un vero dio, immenso, illuminato da un sole corrosivo. La visione si allargò: non uno, ma infiniti Abraxas, su una piana d’estensione illimitata, sotto infiniti soli.
Al risveglio, Leila se n’era dimenticata.
Altre volte sognò il dio, ma non si ricordò del sogno; e anche se se ne fosse ricordata, non gli diede importanza; e anche se gliene avesse data, non ne parlò con Mathieu, non ne parlò con nessuno.
Francesco Gisolini (1997) è nato a Cantù e vive in provincia di Como. Studia filosofia.