Un racconto di Giovanni Altavilla
Numero di battute: 2491
A quell’ora in piazza San Marco potevi incontrare solo qualche cormorano e il vecchio Tiziano. Lo riconoscevi subito dalla ciotola che portava a due mani, grande quanto un’insalatiera. Sembrava più il custode di uno zoo. Voci dicevano che desse da mangiare a qualche enorme cane nascosto nella chiesa o addirittura a un prigioniero.
Di certo all’alba, quando aprivano i bar e attraccavano i primi vaporetti, la ciotola era vuota. La trovavi là a fargli compagnia sul bordo della banchina dove lui si sedeva con le gambe a penzoloni sulla laguna dando le spalle alla basilica, come se ci avesse litigato. Ma poi si tirava su con dei lamenti e mandava un bacio al leone sulla colonna e zoppicava via verso casa.
Quella notte il suo passo rimbombava nella mia calle, era come se mi avesse invitato a pedinarlo fino a San Marco. Mi ero acquattato dietro al primo cestino del molo che dava sulla mezza facciata. Da lì avevo la visuale libera sul suo segreto come in un teatro. Aspettavo solo che la sua piccola sagoma sullo schermo del telefono uscisse dal porticato di Palazzo Ducale e svoltasse l’angolo verso la chiesa.
Invece si fermò sotto alla colonna del leone. Si abbassò alla base come se avesse un ferro arrugginito al posto della schiena e posò la ciotola; guardò il polso e rimase a fissare la cima della colonna.
«Davvero tutto questo per un piccione?»
Davvero tutto questo per un piccione? Mi chiedevo fissando il volatile impettito sulla testa del leone alato… di cui in un attimo rimasero un paio di penne galleggianti in aria.
Il telefono mi scivolò nel bidone rimbalzando sulle pareti di alluminio come se avessi suonato una batteria. Sia Tiziano che il leone di bronzo girarono la testa verso di me. E da lassù il leone saltò ondeggiando in un volo simile a una libellula.
Qualcosa mi diceva che non dovevo avere paura, anche quando atterrò a un passo da me. Mi fissava con quei buchi verdi e abbassò la testa come se si stesse stiracchiando. Se non me la diedi a gambe fu solo per il sorriso tranquillo del vecchio Tiziano: capii che non era una posizione di attacco, ma un inchino.
Il leone era chiaramente in attesa di qualcosa. Riuscii solo ad alzarmi, mi sentivo puntato da quella coda arricciata, come un serpente sulla difensiva.
«Vuole che ti inchini anche tu» disse Tiziano ansante.
Tremai un attimo prima di vederlo alla mia sinistra. «Perché?» chiesi ipnotizzato dalla punta della coda che iniziava a penzolare rigida, come se cercasse di scodinzolare.
«Ah, non lo chiedere a me. È San Marco che sceglie i custodi.»
Giovanni Altavilla è nato nel 1997. Partenopeo di nascita, sannita d’adozione e veneziano con Visto, si è specializzato in English Studies all’università Ca’ Foscari. È stato uno dei venticinque selezionati al laboratorio di scrittura creativa offerto dall’università di Venezia tenuto da Tiziano Scarpa e Roberto Ferrucci nel 2021. È stato co-autore di un articolo scientifico e collabora con la rivista Naransa. Ha pubblicato il suo primo racconto su Rivista Blam.