Un racconto di Alessandro Lucà
Numero di battute: 2459
Hai spaccato la testa alla persona che più amavi con un blocchetto da muratura, complimenti. Il blocchetto si è sbriciolato nei capelli impolverati e ha dato alla testa una forma stomachevole. Adesso mentre ti affanni per evitare l’implosione interiore, devi pure affrettarti a nascondere il cadavere.
Hai poco tempo, ti do una mano. Avvolgi la testa con una di quelle buste di plastica, così contieni le perdite. Pulisci con una secchiata d’acqua verso la griglia di scolo, sarà sufficiente. Trascina il corpo in fondo alla scarpata, poi all’ombra dei cactus sulla destra, fino – no, non ci siamo, se ti metti a frignare adesso è finita, nessuna pisciata fra amici dura per sempre e non puoi farti trovare in questo stato. Ti prometto che se fai come ti dico non succederà niente.
Infrascati tra le sterpaglie fuori dal sentiero, sta passando un cane. Copri l’odore di sangue col terriccio e la direzione del vento dissiperà il resto. Lo vedi perché devi darmi retta?
«Lo vedi perché
devi darmi retta?»
Stringi la busta, sta gocciando. Prosegui fino allo spiazzo, dove stanno gettando le fondamenta. La terza vasca, quella davanti a te, è ancora fresca. Ti dirò io quando andare. Ingurgitano tramezzini multipiano e Sprite ghiacciate, tutti chini sui telefoni. Vai. Vai vai vai. Lascialo andare. Plof, così.
Adesso scendi e cammina. Piano. Always walk, never run è da una canzone o sbaglio? Fai finta di aver mangiato passeggiando, tanto nessuno ti andrà a controllare la sacca per vedere che panini e banane si stanno surriscaldando nell’afa post-prandiale. Post-prandiale vuol dire dopo pranzo, o dopo mangiato in generale, pirla.
Passo e chiudo, stavolta l’hai fatta franca, ma non contare sui miei consigli nel caso ti rivenisse in mente un gioco simile. Chi sono e come ho fatto? Alla seconda non saprei come rispondere. Occhio alla mazza che ti fai saltare un’unghia. Tu non sai niente, digli che quando hai cominciato a mangiare c’era e quando sei tornato dalla passeggiata non c’era più.
Un poveraccio diseredato senzadio come la persona che più amavi non l’avrebbero cercato manco gli avvoltoi, se fosse rimasto a marcire in giro. Come, adesso non è la persona che più amavi? Suvvia, occhieggiare e scroccare il cibo altrui non è il peggior vizio sull’orbe terracqueo. Orbe terracqueo vuol dire Terra, pirla. Ti amava anche se era invasivo, autoritario, sempre a pianificare e darti ordini – che poi alla fine ti è risultato utile, no? Ecco, lo sapevo che ti facevi saltare un’unghia.
Alessandro Lucà (1993) è laureato in Lettere Moderne e Linguistica. Preferisce il divertimento alla scrittura, a meno che non coincidano. Ultimamente coincidono.
Ha pubblicato un racconto per La nuova carne.