Un racconto di Gianfranco Martana
Numero di battute: 2302
Di fronte alla mia finestra c’è un’altra finestra. Separate da una lama d’ombra, sono altissime entrambe, come piante cresciute a dismisura per cercare il sole. A volte noi del vicolo ci affacciamo insieme, attratti da fuochi lontani o grida disperate. In quei momenti sembriamo i passeggeri di due treni fermi da tempo che, inquieti per l’attesa, sporgono la testa come vacche alla rastrelliera, finché non si riparte in direzioni opposte.
La mia dirimpettaia è giovane, non può ricordare i treni coi finestrini che si aprono, e forse non ha mai visto una vacca. Anche la parola “dirimpettaia” dev’esserle ignota, caduta in disuso da quando vivere faccia a faccia non è più un invito a conoscersi. Di fatto, fu proprio così che conobbi la mia prima fidanzata: eravamo due autoritratti nella cornice della finestra e ci guardavamo come se fossimo due opere d’arte.
Da un po’ di tempo, la gente del vicolo sporge la testa ogni sera per cantare. Dicono che attenui l’ansia, ma io ci credo poco, e mi affaccio solo se si affaccia lei, canto solo se canta lei. Se non conosco le parole faccio finta, se lei storce la bocca lo faccio anch’io, e la guardo negli occhi con occhi che ridono, per insinuare malevolmente che certe canzoni sono più un danno che un rimedio.
«Di fronte alla mia finestra c’è un’altra finestra.»
Oggi è apparsa nella sua cornice con un grazioso broncio di sonno e una maglietta stropicciata. «Appena svegliata?» Ha fatto di sì con la testa sull’attacco di Azzurro. «Di notte non dormo e di giorno finisce che crollo. Cantiamo? Mi accorgo di non avere più risorse senza di te...» Abbiamo cantato, abbiamo applaudito con sciocca commozione e, ritirando le nostre teste, siamo tornati a quello che restava delle nostre vite.
Dopo un po’ sono tornato alla finestra per lasciare sul davanzale una manciata di ceci, come promemoria di un’idea per una di quelle notti in cui neanch’io riesco a dormire. Se riuscirò a trovare il coraggio, mi alzerò dal letto allo spegnersi delle ultime voci del vicolo e li lancerò uno alla volta sul vetro della sua finestra finché non sarà venuta ad aprirla; a quel punto, se non me la richiuderà sul muso, le parlerò delle teste che sporgono dal treno inalando un’aria di ferro, della stalla tiepida e scura dei miei nonni e dei dirimpettai che, in un tempo lontano, si davano reciproco sollievo dall’insonnia.
Gianfranco Martana è nato a Napoli nel 1971. Cresciuto a Salerno, si è trasferito prima a Brighton e poi a Valencia. È dottore di ricerca in Italianistica. Autore di una quarantina di racconti pubblicati in riviste italiane e spagnole, è stato finalista al Premio Solinas con la sceneggiatura Mammaliturchi!, che a breve uscirà in forma di romanzo presso Inknot Edizioni. Il suo primo romanzo è stato Un’opera di bene (Ellera, 2015).