Un racconto di Emanuele Muscolino
Numero di battute: 1981
C’è una zona d’Italia popolata di turbine eoliche più di ogni altra, dove il vento soffia fino a farti impazzire. Certe sere d’inverno si intrufola come un torrente tra i vicoli dei paesi, zavorra sporte di anziane di ritorno dalla spesa, trasforma in vele cappotti e quotidiani minacciando di sollevare da terra i più leggeri.
Rocchetta Sant’Antonio, Lacedonia, Melfi: un fazzoletto di terra tra Capitanata e Irpinia, dove le pendici appenniniche si inchinano ai viandanti, concedendo un passaggio agevole verso levante, un fazzoletto su cui la neve, a volte, non riesce a posarsi, trattenuta in cielo dal sospiro delle correnti.
«Dal basso
le idolatrammo
come totem.»
Ci arrivammo con le bici sotto una di quelle turbine, a un passo dal pilone, sulla via che dal Salento ci riportava a Roma. Era un pomeriggio d’agosto e stavamo attraversando il confine di ponente del Tavoliere, quando la nostra navigatrice − molto estrosa, bisogna ammetterlo, pur trattandosi di un’applicazione − per farci evitare un tratto a doppia carreggiata, ci fece infilare una sterrata sorvegliata da branchi di cani da guardia con la bava alla bocca (dovemmo difenderci con i clacson e con le pompe), prima di spedirci per un dirupo di sassi.
Le pale le incontrammo al di qua del dirupo, al centro di una piana, circondate dalla terra che zelanti trattori rimestavano sollevando nuvoloni di polvere; scendevano come drappi, senza stridere, producendo a ogni caduta un boato oscuro, e di nuovo si levavano senza peso, come filassero in linea retta (ovvio, invece, che stessero seguendo l’antica geometria del dono).
Dal basso le idolatrammo come totem, come moderne divinità danzanti. Ricordo l’azzurro compatto prima del tramonto e le lame che lo pettinano lasciando una scia impalpabile: la linea e il cerchio, noi col naso all’insù a spiare l’ignoto, in compagnia delle nostre sbiadite ombre, che avevano attraversato quelle lande pochi giorni prima, in senso inverso, tuffandosi incontro all’estate. La strada che va, la strada che torna.
Emanuele Muscolino è nato a Roma nel 1984. Dopo la laurea in Arti e scienze dello spettacolo ha pubblicato il saggio Paradossi della soggettiva. Visione pura e visione-sguardo nella sequenza cinematografica. Ha lavorato come montatore per il cinema e la tv ed è autore di cortometraggi, documentari e reportage. Dal 2023 i suoi racconti e le sue poesie sono pubblicati su blog, riviste e antologie.