Un racconto di Stefano Lento
Numero di battute: 2441
In Fabbrica non ci lavora più nessuno, sono circa trent’anni che gli operai non varcano i cancelli per andare in produzione. Quando negli anni Cinquanta il signor De Seta si mise in testa di produrre tessuti, tutti lo prendevano per matto supponendo che in un’Italia da ricostruire le priorità fossero altre. Ma lui ci aveva visto lungo, la gente, oltre al cibo e una casa sicura in cui stare, aveva bisogno anche di vestiti caldi coi quali ripararsi dal freddo. Perseguì la sua idea senza mai desistere e, dopo decenni di duro lavoro, arrivò addirittura a cucire i talari di Papa Woytila.
Il signor De Seta, oltre a essere un bravo imprenditore era un acuto sociologo: di fianco alla Fabbrica fece costruire un edificio nel quale ospitare le famiglie degli operai che “accuditi dal calore delle mogli e dei propri figli avrebbero reso meglio a lavoro”, così asseriva quando qualcuno metteva in dubbio la bontà della sua impresa.
«Della Fabbrica e delle residenze resta solo l’involucro.»
Della Fabbrica e delle residenze resta solo l’involucro, entrambe avvolte dal silenzio e dall’edera selvaggia. Ma lì dentro è custodita la memoria di Gustav che, appena maggiorenne, fu assunto alle dipendenze del signor De Seta.
Oggi Gustav ha ottantacinque anni, del vigore di un tempo gli restano solo le spalle larghe e delle manone da uomo di catena. Il suo dolore diventa tangibile quando lo sguardo gli si bagna di commozione.
«Quella era la finestra da cui affacciavo» mi indica con il dito un infisso in legno per metà oscurato da una persiana sbilenca. «La casa aveva una cucina in muratura e i pavimenti in cotto. Alla domenica usavamo il camino per cuocere il pane – ne infornavo più del necessario per portarlo anche agli altri.» Poi indirizza il dito verso il portone alle spalle del quale immagino esserci una corte comune. «Ci incontravamo a ora di pranzo, ognuno con qualcosa di pronto da donare alla tavola degli altri compagni. Eravamo una grande famiglia di cui, dalla fine della produzione, non è rimasta più traccia.»
Gustav si sente ormai uno del luogo, in Russia ci è nato ma ha trascorso tutta la vita in questo posto e non vuole abbandonarlo. Parla un italiano misto al dialetto, una lingua tutta sua, tronca e al contempo rigida. «Non ti viene mai voglia di tornare nel posto da cui sei venuto?» gli chiedo mentre lui fissa la ciminiera, quasi non facesse caso alla mia presenza. «Ero il guardiano della Fabbrica, e questo rimango. Non posso lasciare il posto che mi è stato assegnato.»
Stefano Lento nasce a Napoli nel 1983. Laureato in Architettura, inizia sin da subito a collaborare con riviste di settore – tra cui Living Corriere della Sera, Ottagono Magazine, Il giornale dell’Architettura – per poi lavorare a un proprio progetto (startfortalents.wordpress.com) di informazione digitale. Sonosolofavolette.wordpress.com è un contenitore di storie surreali.