Pastrengo Agenzia Letteraria

Author Archives: Michele Turazzi


racconto Giulio Morelli

prosopagnosia

Un racconto di Giulio Morelli
Numero di battute: 2497

Vera vede solo ciò che può sopportare. Sul materasso il corpo di Mauro sembra quello di un morto. È la prospettiva da cui lo guarda a confonderla, a farlo sembrare morto, ma Mauro non è morto: respira (i morti non lo fanno). In via Padova è tutto come ieri – non è cambiato nulla. Sul pavimento poche tracce – le solite: umori vari, peli e capelli. Le pareti pullulano di istantanee, ma nella penombra i volti sono macchie generiche.

La stanza, a parte Vera e Mauro, contiene un letto (al centro), un appendiabiti (vicino alla porta), un comò (sotto la finestra – l’unica). La luce è spenta e, dato che non c’è una piantana, è lecito supporre che a mezzaria penda un lampadario.

«Allora sposiamoci.»

Il soffitto è un soffitto come tanti, non ha nulla di speciale come l’amore di Vera e Mauro. Si sono conosciuti sette anni fa in un pub gestito dai cinesi. Seduti al bancone, Vera e Mauro hanno ordinato la stessa lambic. Una risata impacciata a cui sono seguite una stretta di mano e una relazione da manuale. Hanno capito di appartenersi quasi subito. Aspettavano il tram, Vera aveva una sneakers slacciata, Mauro si è inginocchiato e gliel’ha allacciata. «Mi stai chiedendo di sposarti?», «Sì», «Allora sposiamoci».

Non lo hanno fatto. Mauro ci pensa ancora al fatto che non l’hanno fatto, che Vera ora è di un altro, che ride a battute che non sono le sue, che ha messo al mondo un figlio che non gli assomiglia. Vera gliel’ha mostrato, scrollando tra le foto dell’iPhone, Mauro lo ha guardato di sbieco; poi un «congratulazioni» strozzato, un rantolo nella gola, emerso dalla bocca come un conato.

Mauro avrebbe accettato il figlio di Vera soltanto se fosse stato suo, ma non è suo – è roba di un altro di cui non sa nulla, a parte che si è preso Vera. Ha cercato di strappargliela come un cerotto, ma i lembi sono intatti, la colla resiste all’acqua, allo sfregamento che leva aderenza a ciò che è progettato per aderire.

Vera e Mauro si sono lasciati per un errore di calcolo, ma scopano ancora nel bilocale che Vera aveva progettato per loro. Quando ci vivevano insieme, il mondo restava fuori dalla porta, ora che vivono separati il mondo è dappertutto, filtra da sotto la finestra, si deposita sul parquet, sedimenta tra le intercapedini. Mauro si sposerà ad aprile: Vera ora lo sa. Prima di uscire, si rivestono, poi si salutano con un cenno della mano. Oltre la soglia i loro volti sbiadiscono come le istantanee sulle pareti: sono irriconoscibili; raccontano una storia che non è più la loro, ma la nostra.

giulio morelli bio

Giulio Morelli è un robespierrista, vive a Eupilio e insegna storia. Scrive, non pubblica. Detesta che qualcuno oltre a sé stesso legga ciò che scrive. Ha un cane, si chiama Thomas.

racconto ballarini

il papero

Un racconto di Isabella Ballarini
Numero di battute: 2133

Cammini per quella strada in fretta, come ogni mattina. Tieni la borsa sotto il braccio, stringi il manico dell’ombrello e fuggi veloce, sotto la pioggia che diventa ogni giorno più fitta. Passi davanti al Papero e fai finta che lui non sia lì. Guardi in basso, pur di non vedere il suo sorriso che splende dai cartelloni stradali. Il tuo passo accelera, i tacchi delle scarpe barcollano, le pozzanghere rischiano di farti cadere a ogni passo. Ogni giorno così, sotto quel diluvio che va avanti ormai da più di due mesi. Ma tu te lo ricordi, il Papero, quando ancora elemosinava attenzione da quelli che si rifiutavano di alzare gli occhi su di lui. Giorni lontani, quelli. Le gocce di pioggia non cadevano così spesso, tra le nuvole e il vento c’era sempre un tiepido sole. E il Papero non era un papero.

Era una persona che sognava in grande e guardava il cielo. Tu lo conoscevi bene. Ti piaceva, persino. Sorridevi e intanto i capelli ti cadevano sugli occhi. Credevi che lui avrebbe cambiato il mondo. È cambiato il vento, invece, è cambiato tutto. L’uomo si è fatto Papero.

«L’uomo
si è fatto Papero.»

E mentre la pioggia cadeva sempre più spesso, il Papero avanzava nella notte. Era folle e selvaggio e mentiva a tutti con violenza spudorata. La sua immagine si faceva bestia giorno dopo giorno. Lui saliva nei cuori perché usava parole di gloria. Si tagliava i capelli, si cambiava i vestiti. Appariva sugli schermi televisivi, o sui giornali, o sui computer. I soldi gli arrivavano addosso senza che facesse niente per cercarli. Gli bastava esistere: ogni sua parola muoveva le masse.

Mentre corri sotto la pioggia, butti l’occhio ai cartelloni dove il Papero appare e vai avanti senza fermarti. Lo vedi starnazzare, dimenticarsi di te. Vedi la gente che lo ama senza motivo. Nessuno si accorge della pioggia: quella viene giù sempre più fitta e tutti stanno là, a bagnarsi, a sorridere, a vivere come paperi agli ordini di un Papero.

Tu cammini per la strada in fretta, come ogni mattina. Tieni la borsa sotto il braccio, stringi il manico dell’ombrello e fuggi veloce. Passi davanti al Papero e guardi in alto, verso il cielo.

La tua mente resta tua.

bio Isabella Ballarini

Isabella Ballarini scrive da diversi anni. I suoi racconti sono usciti sulle riviste L'Irrequieto, Sulla Quarta Corda, Quaerere, L'Equivoco, CrunchEd e Spaghetti Writers.

vincenzo montesano racconto

la scatola

Un racconto di Vincenzo Montisano
Numero di battute: 2357

Sono nato costretto in una stanza due per tre. Vuota, come un luogo comune. Senza porte né finestre. L’aria è tanfata di nicotina, sebbene io non fumi. Al centro, un tavolo di legno sberciato su cui poggia una scatola di metallo, chiusa, dai bordi taglienti. Non c’è modo d’aprirla, e d’altronde non ho mai tentato.

Ogni cinque anni, il giorno del mio compleanno, un biglietto d’auguri esce dalla scatola. Prima si innesca un frullio, come d’ali d’insetti allarmati dalla possibilità imminente d’essere uccisi, poi, senza particolari entusiasmi, nella noia mortale che al passare del tempo ferisce ogni curiosità, il biglietto sbuca da sotto la scatola. Tua madre ti vuole bene, diceva il primo. Il messaggio era vergato – e io ero un bambino – con una calligrafia dalle m tondeggianti e dalle o morbide.

Nel rammarico di non aver allattato al seno, pensai all’inconveniente che dev’essere stato per l’ignota genitrice la mia nascita, e allora capii, perdonai, trovai in me le ragioni di un abbandono. Ne ho collezionati undici in tutto, di questi biglietti.

«Il terzo diceva:
la guerra è finita».

Il terzo diceva: la guerra è finita e quel giorno, scoprendomi la pancia, non mi meravigliai di non possedere l’ombelico. L’ottavo diceva: tuo padre non ti ha mai toccato tra le gambe e allora posai il polso sul bordo tagliente della scatola, segai fino all’osso, poi gettai via la mano, per paura di compiere atti indegni.

Il nono biglietto non lo lessi per intero, l’interesse è sempre stato per me prossimo allo zero: cosa scorre di così galvanico, mi chiedevo, tra la scatola e la stanza, tra la stanza e il mondo esterno, perché tutti siano così elettrizzati dalla vita? Utopico è appassionarsi a ciò di cui non si hanno evidenze; a una realtà la cui giustizia è sempre indizio e mai prova di colpevolezza. Ma oggi, oggi è un giorno ben strano, mi dico. Le mie logiche si pervertono, oggi. Il mio corpo muore, oggi.

Con la mano che mi resta, scaravento a terra la scatola, vorrei sapere, le urlo prendendola a calci, sputandoci, pisciandoci sopra, vorrei sapere, sapere perché! Poi rifiato, torno in me, al mio schema. L’ira decanta nella stanza vuota. Il frullio, questa volta, è meno energico del solito. Gli insetti staranno crepando, penso. Il dodicesimo biglietto sguscia dalla scatola accanto alla mano mozza già putrefatta. Il biglietto dice: la chiave per aprirmi è dentro la scatola.

bio Vincenzo Montisano

Vincenzo Montisano (1988) è stato finalista alla VI edizione del Premio Neri Pozza con il romanzo Inaugura stanotte il secolo del bene, in pubblicazione nel 2025 per Wojtek. Ha pubblicato la novella Logica degli incendi (Industria&Letteratura 2024). Nel 2023, un suo racconto è stato selezionato nella longlist di The Florence Review. Dal 2019 codirige la collana di poesia I Masnadieri per Tra Le Righe Libri. Collabora dal 2009 con i collettivi Nucleo Kubla Khan e La Masnada. Ha pubblicato su Atomi-Oblique, Narrandom, Quaerere, Micorrize, Palin Magazine.

racconto Lorenzo Zerbola

piccola storia di un impazzimento

Un racconto di Lorenzo Zerbola
Numero di battute: 2380

molto deve provare
di grato e d’ingrato chi a lungo qui
in questi giorni di conflitto fa uso del mondo.
Beowulf, vv. 1060-1062

 

Non appena sveglio andò automaticamente in bagno e, aspettando lo stimolo necessario per cagare, si mise a leggere l’etichetta dello shampoo. Appena poco più tardi, dieci o quindici minuti circa, catapultato nel solito traffico delle sette e mezza, si rese di conto di non ricordare più quella strana parola che deve anche aver pronunciato, seduto sulla tavola del cesso, nel tentativo di masticare qualcosa dal suono sconosciuto, duro come un granello di pietra. O meglio, era sicuro di ricordarla, di poterla scrivere addirittura, ma a forza di ripeterla e visualizzarla era come se ne avesse perso il pur piccolo significato, la polpa; e gli rimase solo il dubbio.

Passò poi l’intera giornata come al solito, in un ufficio. Tornato a casa, si rese conto che il coinquilino, in uno dei suoi imprevedibili raptus germofobici, aveva pulito casa e buttato tutti i flaconi vuoti che da qualche settimana arredavano il ripiano della doccia.

«Il flacone non c’era, era finito.»

Non andò al supermercato di proposito, ma per necessità generale, anche se poteva rimandare ancora di qualche giorno. Seguì passivamente un’immutabile lista mentale della spesa, intanto che con l’occhio cercava la corsia dei prodotti igienici, senza mai trovarla dove si aspettava – dovevano aver riorganizzato le corsie, come ogni settimana. Chiese indicazioni a un cliente qualsiasi, che non gli rispose, e infine a un commesso che, senza dire nulla, gli indicò un punto con il dito.

Il flacone non c’era, era finito.

Prima di addormentarsi, pensò ancora una volta a quella parola vuota e sconosciuta, ma non si preoccupò di non riuscire a ricordarla, di averla forse persa per sempre.

Col passare del tempo, si fece sempre più silenzioso, risucchiato da quella cancellatura simile al tassello mancante di un puzzle immenso, lasciandosi pian piano andare a una vita scandita da impulsi che automaticamente lo svegliavano, lo staccavano da una sedia o un sedile, gli permettevano di attraversare la strada senza essere investito da veicoli urlanti; pulsazioni che lo facevano accedere a nuove schermate di impalpabili home e sezioni, aprire i nuovi ma superficiali messaggi, in un grigio silenzio assoluto di veloci video insignificanti.

E i contorni delle cose si liquefacevano tra le mani di chiunque, frattanto.

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Lorenzo Zerbola (1993) scrive racconti (alcuni sono stati pubblicati su Verde e L’Inquieto) e fa l'insegnante in una scuola appenninica. Col passare del tempo ha perso il suo famoso piede destro, forse a causa di quella che tutti chiamano sedentarietà della vita. Permane sonnolento. Ciò che lo contraddistingue maggiormente, dicono, è la sua capacità di dare ottime indicazioni stradali.

racconto alessandra lamanna

anelli fritti

Un racconto di Alessandra Lamanna
Numero di battute: 2444

Li hai nascosti in borsa, in un tovagliolo di carta che non trattiene l’olio in eccesso. Ti resterà la puzza. Sei anelli di calamari come i nostri sei anni assieme.

È un giovedì di gennaio in un ristorante di sushi di fronte all’Adriatico. Fuori quattro gradi, dentro un clima equatoriale. C’è un acquario, anzi no, solo un grande schermo tv che proietta immagini di un acquario con pesci tropicali. Tutto è blu: tavoli, divanetti, pavimento. Tutto troppo fermo, impregnato dell’odore pungente della salsa di rafano. Si muove solo la cameriera per uscire a buttare secchi neri.

Ordini come se fossimo in dieci.
«Non ce la faremo mai a finire» dici divertita.
«Se non mangi tutto, paghi una penale» ti dico serio.
Non lo sapevi, fai la tua faccia ingenua, quella dell’inizio anche se presto i barlumi di innocenza si sono alternati a distillati di ferocia. Come quella volta che mi tirasti giù le mutande e poi ti fermasti di botto: «Il tuo odore sembra la pipì del mio gatto» dicesti.
Ora invece dici: «Per una volta che non capisco una cosa io fra le migliaia che non hai mai capito tu».

La volta che hai abortito, per esempio. Non volevi un figlio, eravamo d’accordo. Anche quando la ginecologa ci fece sentire il battito, nessun dubbio. Eppure, ci rimuginasti per mesi finché io sputai un: «Massì, io forse lo avrei tenuto». Ecco: se dovessi trovare l’inizio della fine, direi che è questo.
Come archivierai questa ultima cena per restituirti le chiavi di casa? Io fra le cose misere, come quelle che non hai più la forza di sperare.

«Se non mangi tutto, paghi
una penale.»

Ingoi un uramaki in fretta per chiedermi: «Hai presente quando lei dice che la gente dovrebbe fare solo quello?». Parli dell’ultimo film al cinema. La protagonista passa metà pellicola a scopare.

Annuisco distratto, non mi va di parlarne. Assolvevi il sesso come un compito a cadenza settimanale. Ho sentito dire che ora te la fai con uno sposato, ma credo che ci andassi a letto mentre ancora timbravi il cartellino della nostra routine sessuale.

I sei anelli fritti sono ancora nel piatto. Te ne rigiri uno all’anulare sinistro. Alludi a un matrimonio di cui non abbiamo mai parlato: «Non eravamo fatti per questo».

Allungo le chiavi sul tavolo. Le raccogli con gli anelli fritti e metti in borsa. Usciamo con il biscotto della fortuna.
«Presto colmerai un vuoto» leggo. «E il tuo?»
«Devi liberarti di un peso

Ci muoviamo verso il bidone dell’organico. Mi fai cenno di seguirti, poi ti liberi dei calamari.

lamanna alessandra bio

Alessandra Lamanna, 48 anni, è nata a Taranto e vive a Bari. Insegna inglese nelle scuole superiori. Non esce mai di casa senza un libro in borsa, ama addormentarsi leggendo.

guido casamichiela racconto

lo sguardo della mensa

Un racconto di Guido Casamichiela
Numero di battute: 2494

Scrivere a Tania dell’ufficio acquisti un’email contenente la richiesta di ordinare per esempio numero 2 cucitrici e numero 4 scatole di fermagli zincati ricevendo come risposta gentilissimo, provvedo subito, ti aggiorno quanto prima sui tempi di consegna, buona giornata, Tania equivaleva a dichiararsi il reciproco amore. Ne era convinto da un mese, o forse due, al massimo tre: non ricordava da quanto esattamente.

Tutti i pomeriggi, sdraiato sul divano della sala, perdeva tempo a ricostruire le origini di questa sorta di intesa comunicativa clandestina, e intanto inventava dettagli pseudoborgesiani.

«Gentilissimo, provvedo subito.»

Protetto dalla penombra di un vicolo, in un tempo lontano, lui le aveva consegnato un manualetto rilegato dalla copertina traslucida con tutte le indicazioni (anche quelle per farmi capire che non mi ami più, aveva precisato in un bisbiglio che era quasi un singhiozzo); lei l’aveva rifiutato. Era già lontana quando gli aveva sussurrato piano eppure fortissimo lascia i manualetti alle coppie senza intesa, non svilirci, non farlo, non lo meritiamo.

La sera invece i dubbi lo assalivano: e se mi fossi sbagliato? Si chiedeva talvolta, allarmato. Se lei non capisse che dietro ogni mia richiesta di acquisto c’è sempre un ti amo? E se non fosse vero che dietro i suoi procedo con l’ordine c’è sempre un ti amo di più io? Se fosse tutto solo nella mia testa?

Erano allarmi di un minuto, che rientravano non appena si ricordava di come lei l’aveva guardato una volta, alla mensa che frequentavano entrambi pur senza mangiare mai allo stesso tavolo. Si trovavano alla cassa, lei davanti a lui. Stavano per pagare, avevano la tesserina dei buoni pasto nella mano. Lei si era voltata per un attimo e l’aveva fissato, prima di rivolgersi alla cassiera. Gli era sembrato uno sguardo intenso, lei aveva addirittura sospirato, appena appena. Due secondi dopo, lui stava già dicendo a se stesso tieni a mente questo sguardo, tienilo a mente per i momenti sciagurati in cui non sarai più sicuro di niente, e fatteli passare.

Finito l’allarme, non poteva fare a meno di chiederle mentalmente scusa per avere dubitato.

Di solito si addormentava subito dopo che lei, tornata nella penombra del vicolo, dettava le sue dolci condizioni: ti scuso solo se mi prometti che è l’ultima volta, ricorda sempre lo sguardo della mensa, ricorda il sospiro, e non smettere di scrivermi email per richiedere nuova cancelleria, non vivo che per quelle, sette ore al giorno, cinque giorni a settimana, un sabato al mese.

casamichiela guido bio

Guido Casamichiela, cinquant’anni, due cose ama: le bio lunghissime e l’incoerenza.

greco mario racconto

piante da guardia

Un racconto di Mario Greco
Numero di battute: 2445

La nostra casa è piccola, ma in compenso è molto luminosa. Ci sono tre balconi. Su ognuno di questi balconi mia moglie ha disposto un compatto schieramento di piante. In prima linea, ha posizionato le piante da guardia, è così che le chiama lei: catambra, citronella, basilico, lavanda… Mia moglie ha una passione sfrenata per le piante, e ogni volta che la vedo trafficare intorno a esse cerco di immaginare quello che sarebbe stata capace di fare se avessimo avuto la fortuna di possedere una casa con un bel giardino.

Le piante da guardia funzionano, questo è certo. Le zanzare si tengono alla larga. Nostra figlia ancora non ci crede, dice che è impossibile. Non so perché, ma è sempre così scettica su tutto, sta sempre a criticarci. L’abbiamo avuta troppo tardi, è questo il punto. Da ragazzina si vergognava di noi, perché avevamo quasi il doppio dell’età dei genitori delle sue amichette. È da un bel po’ che non abita più in questa casa, convive con un uomo, un poco di buono che un giorno sì e uno no le mette le mani addosso e la minaccia.

Proprio ieri è stata qui, si è presentata nel tardo pomeriggio, tutta accaldata, con una t-shirt indossata al contrario e una piccola tumefazione sullo zigomo sinistro. Mia moglie ha subito incominciato ad agitarsi. «Dimmi che non è successo di nuovo» chiedeva. «Mio Dio, dimmi che non è successo di nuovo.»

«Dimmi che
non è successo
di nuovo.»

«Prima o poi lo ucciderò quel bastardo» ho detto a mia moglie, poco più tardi, mentre nostra figlia era in bagno, sotto la doccia. Ho stretto i pugni. Non so, sicuramente avrò fatto una faccia strana, perché mia moglie è stata quasi sul punto di mettersi a ridere. Nostra figlia ha mangiato un po’, ma soltanto per farci contenti. Qualche spicchio di pomodoro, mezza mozzarella.

Dopo che se ne è andata nella sua stanza, io e mia moglie siamo usciti sul balcone del nostro minuscolo soggiorno. Non c’era un alito di vento. Mia moglie ha preso l’innaffiatoio e ha iniziato a parlare con le piante. Fa sempre così. Tiene l’innaffiatoio in una mano e con la mano libera accarezza le piante e dice: «Avete sete, poverine, avete sete eh?». Questa volta, però, la voce le tremava. E le tremava anche il braccio che reggeva l’innaffiatoio. «Lascia fare a me» le ho detto. «Ci penso io.»

Lei dice sempre che non ne sono capace, che ogni volta combino un pasticcio, tra acqua per terra e schizzi di fango, ma ieri sera sono stato molto attento, e lei non ha avuto assolutamente niente da ridire.

bio mario greco

Mario Greco è nato nel 1959, a Sant’Arsenio, dove risiede. Nel 2011 ha ricevuto una menzione speciale dalla giuria del Premio Chiara per una raccolta di racconti inediti. Nel 2016 un suo racconto è stato pubblicato nell’antologia Dieci racconti per Piero Chiara (Macchione editore). Altri racconti sono stati pubblicati sulle riviste Tuffi, Carie, Grado Zero, Pastrengo, Rivista Blam, il Mondo o Niente, In fuga dalla bocciofila, Formicaleone, Smezziamo, Quaerere, Birò, Grande Kalma.

paolo
zardi

Paolo Zardi è nato a Padova nel 1970 e ha esordito con la raccolta di racconti Antropometria (Neo, 2010).

Ha pubblicato i romanzi La felicità esiste (Alet, 2012), XXI secolo (Neo, 2015, tradotto in spagnolo e nella dozzina del Premio Strega 2015), La Passione secondo Matteo (Neo edizioni, 2017), Tutto male finché dura (Feltrinelli 2018), L'invenzione degli animali (Chiarelettere, 2019) e Memorie di un dittatore (Giulio Perrone, 2021).

Tra le sue raccolte di racconti ci sono: Il giorno che diventammo umani (Neo, 2013), La gente non esiste (Neo, 2019) e La meccanica dei corpi (Neo, 2023).

Ha inoltre pubblicato le novelle: Il signor Bovary (Intermezzi, 2014), Il principe piccolo (Zoom Feltrinelli, 2015), La nuova bellezza (Zoom Feltrinelli, 2016), Eva (Kobo Originals, 2022), L’ultimo raccolto (Tetra, 2022).

Ha tenuto diversi corsi di scrittura, con particolare attenzione per la forma del racconto. È ingegnere elettronico e lavora come project manager in un’azienda informatica. Cura il blog grafemi.wordpress.com

riccardo
c. mauri

Riccardo C. Mauri, nato a Milano nel 1983, è autore comico per la trasmissione Le iene (Italia 1). Ha lavorato anche come sceneggiatore per web-series e progetti di animazione, autore di soggetti, ghostwriter e copywriter.

Nel 2018 ha pubblicato un libro per bambini dal titolo Super Pangolino e nel 2021 un romanzo YA dal titolo Non fate arrabbiare Petra, entrambi pubblicati da Editrice Paoline.

valeria
gallina

Valeria Gallina (1971) è socia di uno studio di dottori commercialisti. Vive a Torino con suo figlio e i suoi tre gatti.