Un racconto di Michele Cocchi
Numero di battute: 2471
Agostino, un paio di pantaloncini, una camicia bianca e delle strette bretelle, frustò l’aria con il braccio e scagliò il sasso nell’acqua. Proprio là, disse. È laggiù che mio fratello l’ha vista.
Tuo fratello è un bugiardo, disse Fausto. I capelli neri tagliati corti e un paio di mocassini marroni.
Ti dico che l’ha vista. L’anno scorso. Mentre pescava. A neanche due metri di profondità. Poi all’improvviso è scomparsa.
Nico fissava l’acqua in silenzio. I pantaloni troppo lunghi e una maglietta frusta. Poco più alto degli altri ma già largo di spalle.
Tuo fratello racconta un sacco di stronzate, disse ancora Fausto.
Non racconta stronzate. La medaglia stava proprio là.
Ma se l’acqua è sempre melmosa...
Quella mattina era pulita. Agostino fece tre passetti rapidi sul parapetto bagnato di pioggia, abbassò la testa e simulò un jab. Era un gigante, disse. Il più forte di tutti. Non ha mai perso. Si avvicinò a Fausto e fece finta di colpirlo. Un giorno sarò io il più forte.
Una volta ha perso, disse Nico.
Te zingaro stai zitto.
Fausto rise. Allora chi si butta? domandò.
Per fare cosa?
Per cercare la medaglia.
Con quella medaglia sarei invincibile. Agostino sferzò l’aria coi pugni.
«Te zingaro
stai zitto.»
La medaglia non c’entra, disse Nico. Nemmeno l’ha buttata, l’ha persa. L’ho visto in un documentario. Alì lottava per dire che i bianchi e i neri sono uguali. Era questa la sua forza.
Quante cazzate. Agostino si avvicinò a testa bassa e fece il gesto di colpirlo.
Facciamo buttare lo zingaro, disse Fausto.
Giusto. Buttati tu.
Non sono uno zingaro.
Sì che lo sei.
Mia madre è polacca e mio padre ungherese. Non siamo zingari.
Agostino saltellò sulle punte, finse di dargli un pugno e poi lo spinse. Nico perse l’equilibrio rischiando di cadere all’indietro. Diede un colpo di reni e saltò addosso ad Agostino. I due ragazzini caddero e si rotolarono sul parapetto, mentre Fausto batteva i piedi e gridava: Buttalo nel fiume. Buttalo nel fiume. Quando Agostino fece per rialzarsi slittò sulla pietra umida e scivolò dal parapetto. Si sentì il tonfo del corpo che entrava nell’acqua.
Fausto si mise a ridere. Guardò in basso e gridò: Allora Agostino la vedi la medaglia?
Agostino annaspò e scomparve sotto il pelo dell’acqua.
Cazzo, non sa nuotare.
Vai a cercare aiuto. Nico si tolse la maglietta e l’ultima cosa che Fausto vide, prima di correre in strada e fermare l’auto di passaggio, fu la sua schiena muscolosa guizzare nell’aria, mentre l’acqua del fiume si apriva e si richiudeva sul suo corpo.
Michele Cocchi (1979) è nato a Pistoia, dove vive e lavora come psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza. I suoi racconti sono apparsi su numerose riviste («Graphie», «Il primo amore», «Nazione Indiana), e su antologie (Padre, Elliot Edizioni, 2009). Nel 2010 ha pubblicato la raccolta Tutto sarebbe tornato a posto (Elliot Edizioni), finalista del libro dell’anno di Fahrenheit. Il suo primo romanzo è La cosa giusta (Effigi, 2016).