Un racconto di Enrico Piscitelli
Numero di battute: 2495
Quando Marcello entra in casa si rende immediatamente conto che la sua vita sta per cambiare, per sempre e irrimediabilmente. Il bilocale periferico con terrazzino, il cespuglio di mirto nato da un piccolo pollone e potato a pallone, i tempi morti a leggere saggi sulle armi dell’Impero Romano o a giocare a FIFA: tutto sta per finire. Così come quella stupida felicità stagnante che abita lì con loro, con Marcello e Maddalena, al quinto piano di via Raviola 12, da tre anni, nelle serate afose di luglio quando Marcello porta il tavolo in terrazza per mangiare all’aria, come nelle notti gelide di gennaio quando Maddalena sta avvinghiata a lui nel loro letto a una piazza e mezza.
È una sensazione netta e precisa, la stessa che provò quando vide per la prima volta Maddalena e capì, subito, tutto. E adesso, di nuovo, la sta guardando e nel suo sguardo trova la stessa morbidezza ruvida dei cuscini imbottiti di lana e il blu trasparente del mare quando fa ancora troppo freddo per fare il bagno. Ma anche qualcosa di nuovo, la paura e la rabbia, e la bocca di lei è aperta ma Marcello non sente i suoni che ne stanno uscendo.
«La sua vita sta per cambiare,
per sempre e irrimediabilmente.»
«Dove cazzo eri?» sta dicendo Maddalena, poggiata con entrambe le mani al muro del minuscolo ingresso del bilocale di via Raviola, mentre per terra è tutto bagnato, mentre Marcello non ha ancora sincronizzato il cervello e i ricettori sensoriali e non è in grado di sentire e di rispondere, di dirle che la pasticceria sotto casa era chiusa e quei bignè con la crema di cioccolato, piccoli piccoli, che a lei non sono mai piaciuti, ma che ora divora di continuo, è dovuto andarli a comprare in centro.
«Dove cazzo stavi? Mi si sono rotte le acque» dice Maddalena, ma non serve perché Marcello ha capito tutto e sa tutto, deve solo ricostruire le coordinate spaziali della propria esistenza e decidere cosa prendere prima, se il borsone per l’ospedale oppure le chiavi della macchina.
Il vassoio delle paste, incartato col fiocco, ce l’ha ancora in mano, sta cercando di capire dove poggiarlo, ma non lo sa perché tutto quello che c’è nel piccolo ingresso – una stampa di Maus appiccicata alla parete, una porta a vetri, un tappeto arancione, lui, lei e tutto quello che è ancora dentro di lei – si sta aggrovigliando e comprimendo, fino a divenire un minuscolo atomo di materia pesante, così denso da trasformarsi in un pensiero. E solo a questo punto Marcello sorride e dice: «Agata, chiamiamola Agata», mentre tutto quello che c’è intorno a lui si sta dissolvendo.
Enrico Piscitelli (1975) ha scritto il suo primo racconto nel 2006, per la storica – e defunta – rivista FaM, Frenulo a Mano. In seguito ha pubblicato un romanzo, dei racconti e un piccolo saggio, oltre ad articoli su narrazione, immaginario e fumetti su riviste cartacee e online.