Un racconto di Giuseppe Imbrogno
Numero di battute: 2295
Non hai tempo da perdere, figurarsi la mattina presto. La mattina c’è la metro che scappa, le scale intasate, il flusso da seguire. Il flusso trasporta, trascina, chiede solo di non resistere. Ieri mattina, mentre scorrevi nel flusso, giù dalle scale, già nel mezzanino, in quel momento l’hai visto. Sulla destra, prima dei tornelli, la scatola di cartone bagnata sfondata aperta a separarlo da terra. Ci hai dedicato giusto la coda dell’occhio, giusto un veloce pensiero.
Al ritorno (la sera il flusso si concede una pausa), hai avuto tempo per osservare. Era ancora lì, nella stessa posizione in cui lo avevi lasciato la mattina. Ti sei avvicinato. Il cartone. Il carrello della spesa. La latta di tonno per le monete. Vecchie bucate sporche coperte di lana creavano l’ammasso informe. Sotto quelle coperte, non era dato sapere.
Dall’ufficio avevi portato con te un ombrello, affusolato, la punta di metallo, l’hai usato per pungolare le coperte. Hai smosso quello che c’era sotto. Nessuna risposta. Nessun movimento. Un secondo tentativo. Ancora niente. Cosa si nascondeva là sotto? Sicuramente qualcosa di spaventoso, ripugnante. Immobile? Ti stava prendendo in giro.
«Il flusso trasporta, trascina, chiede solo
di non resistere.»
Hai usato la punta dell’ombrello per premere più forte sotto quelle coperte. Hai cercato i punti più molli, ti sei preso il tuo tempo. Ancora niente.
Il primo colpo è arrivato nemmeno tu sai come. Forte, secco, l’ombrello usato come una clava. Ancora nessun movimento. Ti stava sfidando, era evidente. Un secondo. Un terzo colpo. Ancora niente. Eri a un passo dal metterti a piangere. Non avevi considerato il flusso.
Altri uomini e donne si erano avvicinati. Chi con un ombrello. Una borsa Michael Kors. Una racchetta da tennis. Il bastone della propria vecchiaia. Chi non disponeva di un attrezzo pensò giustamente di usare gambe e pugni. Iniziarono a colpire, eccome se colpivano. Non una parte dell’immondo gonfiore era risparmiata. Sotto la selva di colpi sembrò che qualcosa finalmente iniziasse a cedere. Il rumore che fanno gli ossi del pollo quando spezzati. La sensazione di poltiglia e gelatina e fango quando strappi le interiora dei pesci. I colpi continuavano a cadere, un flusso continuo. Dopo l’ennesimo colpo ben assestato con il tuo fedele ombrello, hai pensato che no, adesso sicuro non si sarebbe più mosso.
Giuseppe Imbrogno (1976) è nato e vive a Milano. Dopo una laurea in filosofia, oggi si divide tra la passione per la scrittura e il lavoro di progettista sociale, il tennis giocato e guardato, i classici russi, Carrère, Stephen King e le serie TV di David Simon. Il suo romanzo Il perturbante è stato finalista dell’edizione 2016 del Premio Italo Calvino, dove ha ottenuto la menzione speciale della giuria.