Un racconto di Paolo Zardi
Numero di battute: 2479
«Posso?» La signora seduta in diagonale, un donnone con lo sguardo misericordioso e una cinquantina di chili di troppo, si era tolta le scarpe e gli aveva chiesto se poteva appoggiare i piedi sul sedile accanto. «Sa, è per la pressione.»
Aveva annuito silenziosamente; poi si era girato verso il finestrino e aveva ripreso a guardare il panorama – un alternarsi di colline e gallerie. Di solito viaggiava per lavoro, negli orari in cui le famiglie sono ancora in cucina a prepararsi la colazione o stanno sedute attorno al tavolo per la cena; ma era sabato, ed erano le quattro del pomeriggio, ed era appena iniziato un ponte lungo cinque giorni – una transumanza su scala nazionale. Dov’era quella gente durante la settimana?
«Dov’era
quella gente durante la settimana?»
Un posto più in là, un bambino con i riccioli e una giraffa di peluche in braccio ruttava ogni trenta secondi. Il fratello, più piccolo e più stronzo, stava disintegrando delle Pringles con una sistematicità da impresa di demolizioni; si interrompeva solo per grattarsi il culo: i genitori avevano abdicato al loro ruolo storico, scorrendo vite su vite nella timeline di Twitter. Nella fila dopo, una donna con ambizioni da milf leggeva un libro in tedesco; due asiatici con le teste cubiche parlavano con scoppi improvvisi di voce. Davanti a lui, l’uomo seduto accanto alla cicciona senza scarpe ogni tanto rispondeva al telefono, ma diceva solo sì o no e metteva giù. L’addetto delle pulizie, umiliato dalla tutina verde di ordinanza, andava avanti e indietro per i vagoni come se stesse cercando qualcosa di più importante di una cartina fuori posto. Se si vedeva un castello diroccato, o una città arrampicata su una collina, una madre avvertiva i figli, e i figli si meravigliavano per uno o due secondi, e tutto tornava come prima.
Sul tavolino c’era anche un giornale: il giorno prima c’era stata una carneficina in India, centoventi morti. Per quel tipo di cose ci si poteva dispiacere in generale; scendendo nel dettaglio, però, era probabile che quelle centoventi persone assomigliassero ai passeggeri del treno: gli stessi bambini rumorosi, le stesse donne grasse, gli stessi pianti senza motivo. Di sicuro, c’era anche un altro come lui, con le pareti del cuore foderate di merda. Poi il bambino con la giraffa scoreggiò, la milf sorrise, la cicciona sbuffò. Con un po’ di tempo in più, forse sarebbe arrivato ad affezionarsi all’umanità sbilenca della gente ma in un viaggio così corto, in una vita sola, c’era spazio unicamente per l’odio.
Paolo Zardi (1970) ha pubblicato le raccolte di racconti Antropometria (Neo, 2010) e Il giorno che diventammo umani (Neo, 2013), i romanzi La felicità esiste (Alet, 2012), XXI secolo (Neo, 2015), finalista al Premio Strega 2015 e tradotto in spagnolo, e La Passione secondo Matteo (Neo, 2017), e i romanzi brevi Il signor Bovary (Intermezzi, 2014), Il principe piccolo (Feltrinelli Zoom, 2015), La nuova bellezza (Feltrinelli Zoom, 2016). Cura il blog grafemi.wordpress.com