Un racconto di Gianluigi Bodi
Numero di battute: 2468
Non si ricordava dove l’avesse letta o sentita, ma mentre guardava una piccola pozza di luce illuminare le foglie del ficus gli ritornò in mente una frase. Solo i raggi del sole possono attraversare una finestra senza romperla. Sembrava una frase da bacio Perugina, qualcosa che un adolescente avrebbe potuto scrivere sul suo diario. Però suonava vera, una perla di saggezza a cui bisognava trovare un significato. Seduto alla scrivania, mentre cercava di far quadrare i conti del bar, provò a pensare a cos’altro potesse entrare da una finestra chiusa senza frantumarne i vetri. Ma non era un tipo creativo, la fantasia non sapeva nemmeno dove stesse di casa. Subiva gli stimoli esterni e ne godeva il prodotto sotto forma di film.
Le dita raschiavano la tastiera per dare un senso a tutti i numeri che gli erano piovuti addosso, alle preoccupazioni di ogni fine mese, ai sorrisi tirati davanti ai clienti che hanno sempre ragione anche quando hanno torto. Ma quella frase continuava a richiamarlo a sé. Il fatto è, pensava, che anche lui aveva bisogno di luce. Non solo perché era pallido come i fogli nella stampante, ma perché si era stancato di vivere sotto la costante pressione di un buio a cui non riusciva che dare il nome di futuro.
«Solo i raggi del sole possono attraversare una finestra senza romperla.»
Sì alzò dalla sedia, si avvicinò al ficus e gli accarezzò le foglie. Poi, si staccò dalla pianta. Come un salmone che risale la corrente si diresse verso la finestra. Era da lì dunque che nasceva quella luce? Ne voleva un po’ anche lui. Se ne restò immobile, con gli occhi chiusi ad assorbire il calore dei raggi fino a che un botto improvviso lo destò.
Guardò giù in strada. Due macchine si erano scontrate, una delle due nella sua corsa aveva travolto e rovesciato i bidoni della spazzatura. I guidatori si erano riversati sull’asfalto bestemmiando. Attorno a loro si era radunata una piccola folla. Un ragazzo di colore percorse a testa bassa lo spazio dissestato che lo divideva dal gregge umano. Aveva le spalle piegate in avanti come se volesse scusarsi, un cappello floscio e logoro in mano. Iniziò a chiedere l’elemosina, ma non durò molto. Uno dei due autisti lo prese per la camicia, gliela strappò. Lo appoggiò al cofano della macchina e iniziò ad urlare come se la colpa dell’incidente fosse del ragazzo. La folla gli si avvicinò e lo sovrastò. Era facile vedere le traiettorie degli sputi illuminati dalla stessa luce che gli scaldava il viso. Ecco un’altra cosa che attraversa i vetri senza romperli: lo schifo.
Gianluigi Bodi è il creatore del sito Senzaudio.it, che si occupa di editoria indipendente. Nel 2015 ha vinto il concorso letterario indetto dal CartaCarbone Festival con il racconto Perché piango di notte. Ha curato la raccolta di racconti Teorie e tecniche di Indipendenza (VerbaVolant, 2016).