Un racconto di Daria De Pascale
Numero di battute: 2470
All’inizio era come se spostassero dei mobili.
Mi svegliavo all’una, alle due del mattino, e rimanevo ad ascoltare il rumore di divani e armadi che strisciavano sul pavimento. Seguivo le linee della greca sul soffitto della mia stanza e aspettavo che il sonno tornasse.
Poi sembrò più come una ristrutturazione.
Dal mattino fino al tardo pomeriggio si trascinava, batteva, spezzava sopra la mia testa, e quei rumori violenti, sempre inaspettati, mi martellavano le tempie, mi disturbavano in un modo istintivo che non avrei saputo spiegare.
Nessuno però sembrava accorgersene. Salendo con la spesa in ascensore, chiesi alla signora dell’attico se avesse sentito quei vicini, la signora delicata dal sorriso tremolante e il marito imponente e compassato. Lei scosse il caschetto biondo.
«No, ma in questi casi si informa il condominio. È proprio così forte?»
Scossi a mia volta la testa, e lei prese a parlare del tempo.
Mi chiesi se fossi l’unica a vivere lì dentro.
Un giorno incrociai l’uomo del piano di sopra. Pensai subito di parlargli del rumore, ma poi lo guardai meglio: aveva addosso vestiti lisi, sporchi, macchiati in più punti, e delle occhiaie spesse gli incombevano sul volto smagrito. Portava un borsone marrone, che strinse di più a sé quando mi vide.
«Doveva essere
un brutto momento.»
Doveva essere un brutto momento, così gli lanciai solo un’occhiata sostenuta, a cui lui rispose scrutandomi con gli occhi sgranati. Solo quando fu uscito mi raggiunse l’odore che si era lasciato alle spalle: una puzza greve e collosa, come di fogna ma più marcia, che non avevo mai sentito prima. Tanto nauseante che mi è rimasta dentro: posso ancora sentirla nelle narici come allora.
Il rumore cessò, ma quell’odore si diffuse nel palazzo: prima solo al piano di sopra, poi per le scale, finché non ebbe invaso ogni angolo.
Fu questo a farli muovere.
Un pomeriggio tornando vidi il portone transennato, le macchine gialle e blu della polizia ferme in strada con i lampeggianti accesi. In piedi tutt’intorno vicini e curiosi.
Mi fermai accanto alla signora dell’attico.
«Sono entrati nell’appartamento sopra il tuo» mi spiegò a bassa voce, poi mi guardò con la bocca contorta da un disgusto affettato. «Non sai cos’hanno trovato.»
Non erano lavori di ristrutturazione.
L’uomo che avevo incrociato in ingresso aveva ucciso la moglie e aveva continuato a infierire sul corpo per settimane, martoriandolo pezzo per pezzo sopra la mia testa.
Poi era sparito nel nulla: ero stata io l’ultima a incontrarlo.
Daria De Pascale (1989), nata in Puglia e cresciuta a Trento, da sette anni vive a Roma, dove ha studiato Informazione, Editoria, Giornalismo. Collabora con Flanerí.