Un racconto di Lorenzo Zerbola
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La terza guerra mondiale tanto attesa scoppia a causa di un meme su internet. L’America si divide in Stati Uniti d’Oriente e Stati Uniti d’Occidente, rinunciando così per sempre alla sigla. Los Angeles brucia mentre New York resiste in un lusso decadente dall’aria orientale. L’Europa è solo una grande confusione di anime in pena, inguaribili romantici e case scoperchiate. Satelliti, ripetitori e server sono stati distrutti. Non c’è più internet, ma alcuni si ostinano lo stesso a guardare gli schermi neri dei cellulari, battendo le dita sull’inerme superficie liscia.
Un erasmus scappa da un campo di prigionia. Il viaggio verso casa è lungo e pericoloso, e spesso è costretto a rimanere lunghi periodi fermo e nascosto, in attesa di un varco. Grazie però a una parentela, uno zio fattorino, il popolo nomade dei camionisti lo accetta e supera così le Alpi, nascosto tra il carico di merce.
«Ora davanti a sé ha il grande deserto padano.»
Ora davanti a sé ha il grande deserto padano da attraversare. Decide di percorrere l’autostrada fino a Bologna. Da lì proseguirà verso Sud attraverso gli Appennini smussati dai bombardamenti, chiedendo ospitalità a vecchie conoscenze, compagni di studi o altri superstiti.
Cammina di notte, per evitare il caldo del giorno. Con il suo telo mandala, che aveva staccato dal muro della sua cameretta prima di essere deportato, costruisce nelle aree di sosta una capanna per farsi ombra e pensare a Cristina. Hanno scelto di viaggiare separati fin dall’inizio, perché nessuno dà mai passaggi a più di una persona per volta. Troppo pericoloso per gli automobilisti, non si fidano.
Dalle parti di Piacenza Nord, trova un autogrill aperto. Cerca di capire quanti chilometri mancano da un cartello pubblicitario che gli ricorda di essere “in un paese meraviglioso”. Entra, si siede al banco e prende un caffè. Attorno a lui, leste figure rubano caramelle e pacchi di patatine. Va in bagno e si chiude nell’unico cesso rimasto agibile. Sulla parete di piastrelle, con un pennarello nero, comincia a scrivere: «Cristina, sono io…».
Stringe i denti. Non riesce più a ricordare il suo nome. Sono quattro anni che fugge, e si rifiuta di utilizzare il numero impresso sull’avambraccio. Poi però si accorge che nell’angolo in basso del muro c’è un simbolo che ha tatuato sulla gamba, e Cristina sotto il seno sinistro. È già passata di qua. Esce dal bagno, rimettendo il pennarello nel suo zaino da trekking, paga il caffè a una commessa dall’aria annoiata, e si rimette in cammino.
Lorenzo Zerbola (1993) scrive racconti (alcuni sono stati pubblicati su Verde e L’Inquieto) e inventa giochi di carte. Buon piede destro, ma non passa mai la palla. Sonnolento. Ciò che lo contraddistingue maggiormente, dicono, è la sua capacità di dare ottime indicazioni stradali.