Un racconto di Alessandro Mascia
Numero di battute: 2455
Per anni avevo frequentato da solo il divano davanti al televisore. D’inverno con una coperta sulle gambe, il gatto sopra. D’estate senza coperta, il gatto sopra. Quando è arrivato il piccolo Michele le abitudini di famiglia si sono rimescolate. Dormiva poco la notte, di giorno giocava continuamente con una pallina. Ma il tempo per spegnermi davanti al televisore lo trovavo quasi tutte le sere.
Michele aveva trovato posto sul divano accanto a me, guardava partite di calcio, una di seguito all’altra. Frequentava tutti i giorni un gruppo di giovani calciatori scalmanati in un campo vicino casa. Si era iscritto a una squadretta locale, tornava rosso in viso.
Un giorno mi dissero che aveva talento. Lo avevano soprannominato Agonia per una partita in cui aveva fatto così tanti tiri in porta da mandare il portiere nel pallone.
«Un giorno mi dissero che aveva talento.»
Sopra il televisore c’era un pensile che conteneva una serie di libri colorati. La prima coppa l’aveva sistemata davanti a quei libri, la seconda pure. Dopo qualche anno, sopra il televisore c’era un pensile e una serie di coppe.
Le domeniche filavano via senza di lui, non raccontava niente delle sue imprese, ne parlavano gli altri. Io e mia moglie non sapevamo se andarne fieri o far finta di nulla come sempre. Forse la sua forza era legata proprio alla nostra distanza dal mondo del calcio. Il giorno che aveva portato una proposta di contratto volevamo opporci. Ma siccome non eravamo stati noi i responsabili dei suoi esordi, non volevamo esserlo nemmeno di una sua interruzione.
L’aereo partiva all’alba. L’incertezza gravava sopra i nostri volti assonnati. Il ragazzo aveva chiuso tutta la sua vita in un borsone. Agonia ha preso il volo per dare calci a un pallone lontano da casa.
Incontravamo i genitori dei suoi ex compagni di squadra. Ci dicevano grandi cose. Dovevamo essere felici. Che invidia, un figlio scelto, farà carriera. Eravamo rimasti in agonia - sembra il destino di un soprannome - a cercare di infilare di nuovo il filo dentro la cruna dell’ago per ricucire gli strappi esistenziali.
Agonia era stato intervistato da un giornalista sportivo. L’avevamo visto per caso guardando il telegiornale. Aveva una maglia rossa e una barbetta accennata. Com’era diventato grande. Dovevamo andarne fieri. Invece ci sentivamo soli senza la sua agitata compagnia.
Avevo ricominciato a spegnermi davanti al televisore. D’inverno con una coperta sulle gambe, il gatto sopra. D’estate senza coperta, il gatto sopra.
Alessandro Mascia nasce a Cagliari nel 1976. Si è laureato in Chimica, ma non avrebbe mai pensato di legare la sua vita professionale solo all’elemento numero 16: lo zolfo. Ne produce, è il caso di dirlo, in quantità industriali. Tuttavia ha il tempo per leggere tanta narrativa in varie formulazioni. E per scrivere racconti, alcuni dei quali sono stati pubblicati. C’è chi li ha letti su un quotidiano, chi su una rivista, chi su un libro.