Un racconto di Nicola Paccagnani
Numero di battute: 2327
Cinque mesi oggi, cinque mesi più un’ora. Ne sono sicura anche se l’orologio sopra la porta, quello troppo in alto per me, ha smesso di contarle, le ore.
Cinque mesi e la tv sempre accesa non riesce più a sovrastare il frastuono del tuo respiro corto al telefono, delle parole tronche, delle frasi mai finite. Quei suoni esistono nei miei ricordi, e sono assordanti, inestinguibili.
Dopo cinque mesi, lascio sempre un filo d’acqua scorrere dal rubinetto quando ho finito di lavare i piatti, e non spengo più la luce uscendo dalla camera da letto. A volte mi dimentico di queste piccolezze, e quando poi me ne accorgo mi prende paura, penso che ci sia qualcun altro in casa. Per quei piccoli sobbalzi del cuore, rendo grazie ogni giorno. È in preda a quell’eccitato timore di non essere più sola che vorrei vivere il resto dei miei giorni.
«Quei suoni esistono
nei miei ricordi.»
Ma la casa senza te è un deserto, e così anche tutto il vicinato. Amedeo è bloccato in Inghilterra e non può tornare. A volte telefona, ma io non ho sempre voglia di rispondere. So che non è bello, ma mi spiace troppo non poterlo vedere. All’inizio attaccavo la sua foto all’angolo dello specchio e stavo lì a guardarla mentre mi vedevo riflessa, come negli schermi dei telefonini. Ma la foto continuava a non parlare e io mi sentivo ridicola.
Il pomeriggio che ti sono venuti a prendere, cinque mesi fa, è saltata la corrente in tutto il quartiere. Io sono rimasta sola a osservare il buio e ascoltare il silenzio fino a mattina. Non te l’ho mai detto, ma non ho avuto paura. Ho acceso un cero e ringraziato il cielo che la luce e il calore di casa ti fossero venuti appresso in ospedale.
Da cinque mesi non vedo la tua schiena o tocco le tue spalle. Ma il dispiacere più grande è non riuscire più a sentire il tuo odore sulle camicie. Hanno detto che te ne sei andato, ma io so che non è così.
Da quando ti aspetto, cinque mesi ormai, porto sempre al collo la catenina che tua madre mi regalò il giorno del nostro matrimonio. So che a te non piace vedermi con i gioielli addosso, ma cinque mesi possono essere un tempo lunghissimo quando si è lontani, e io voglio essere sicura che tu mi riconosca.
Ecco, ora suonano alla porta. È la prima volta in cinque mesi. Tipico tuo, farmi aspettare tutto questo tempo, ma non importa, non sono arrabbiata. L’importante è che tu sia venuto a prendermi.
Nicola Paccagnani è nato nel 1984. Nella vita ha fatto il musicista, il teatrante, l'assistente scenografo, l’operatore di ripresa e altri mestieri poco remunerativi. Dal 2013 vive a Londra dove lavora, scrive e sta imparando a fare il padre. Suoi racconti sono apparsi sulla rivista Atti Impuri e nell’antologia Il tempo sospeso (Temperino Rosso 2020).