Un racconto di Andrea Migliorini
Numero di battute: 2466
Quell’anno parlavo poco e quando uscivo da scuola fissavo le foglie delle piante che sbucavano dalle recinzioni delle siepi. A volte le strappavo e me le infilavo in tasca. Poi tornavo a casa.
Non avevo mai fame, quell’anno. Quando ci sedevamo a tavola per cenare mia madre mi faceva un sacco di domande. Io mi limitavo ad alzare lo sguardo e a fissarle la punta del naso. Mi si incrociavano gli occhi. La stanza si offuscava e mia madre sembrava una macchia.
«Non parli perché non mangi.»
Continuava a ripetermi: Non parli perché non mangi. Io sbuffavo e giocavo con la forchetta nel piatto. Mia madre mi misurava le braccia e schioccava la lingua. Poi chiamava mio padre al telefono e gli diceva, in vivavoce: Giorgio, non lo vedi quanto sta dimagrendo, tuo figlio? Diventerà una pianta, tuo figlio. Poi mi guardava negli occhi e diceva: Una pianta muta, diventerà. Mio padre la lasciava parlare ancora per qualche secondo. Poi attaccava.
Un giorno, quell’anno – era l’alba, era un sabato mattina, era l’inizio dell’estate – mi svegliai affamato. Una fame strana, vuota. Mi affacciai alla finestra di camera mia e guardai il pavimento chiaro del cortile. Aspettai. Sentivo che aspettare era giusto. Il cielo si schiariva. Il sole salì. Solleticò la ruggine della grondaia e il vetro della mia finestra. Ma l’obiettivo del suo arco era il centro del cortile – e io lo compresi, e annuii, e uscii dalla mia camera e scesi le scale.
Il cielo era duro e io camminavo a piedi nudi sulle pietre calde. Mi misi al centro. Inspirai a pieni polmoni l’odore della pietra cotta dal sole. Mi tolsi la maglietta del pigiama. Aprii le braccia. Mi sfilai i pantaloni. Il sole mi bruciava la pelle. Chiusi gli occhi. Passarono ore. Io non mi mossi, non parlai.
Mia madre uscì in cortile. Teneva in mano un vassoio con la colazione: cereali, latte e biscotti. Si fermò. Mi fece una domanda. Io non potevo risponderle. Non riuscivo nemmeno a girare la testa.
Mia madre lasciò cadere il piatto e tornò in casa. I cereali si sparsero tra le fughe delle pietre del cortile. Il latte colò dalla bottiglia. Il sole lo avrebbe fatto bollire.
Sentii mia madre che parlava al telefono con mio padre. Disse: Te lo dicevo, Giorgio, che sarebbe diventato una pianta, tuo figlio. Un vegetale.
Quindi mia madre cercò qualcosa in cantina e uscì di nuovo in cortile con un annaffiatoio in mano. Cominciò a bagnare il punto da cui non mi sarei più mosso. Mi chiese se l’acqua fosse abbastanza fredda, ma io non potevo risponderle.
Andrea Migliorini (1997) è convinto di vivere nel Maradagàl. Quindi legge e studia e sbuffa, come Gonzalo. E sa fare poco altro. Ogni tanto scrive. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati su Nazione Indiana e altre riviste. Un suo racconto è stato pubblicato in un’antologia curata da Wu Ming 2. È co-fondatore di Coye – Periferie Letterarie e scrive per Hypercritic. Ha collaborato alla curatela del numero 40 di Stratagemmi – Prospettive Teatrali. Sostiene di aver pianto solo due volte nella vita: leggendo 2666 e La Montagna Incantata.