Un racconto di Francesca Caponi
Numero di battute: 2480
In quella stanza stranamente accogliente del centro crematorio è seduto un fratello, Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci a esprimerlo con le parole pensa a quando era giovane e insieme alla sorella partirono dalla casa materna di Cutigliano per andare al concerto di De André; pensa alla sua mamma, Anna, chi lo sa se i morti si danno il benvenuto e se ha già accolto la figlia.
In quella stanza è seduta una cognata, osserva il marito e si lascia guidare dai suoi stati d’animo, una carezza alla figlia, un saluto strozzato nel cuore che non è riuscita a dire, che non è riuscita a fare.
In quella stanza è seduta una nipotina. Ha sette anni, sua zia è finita in un mondo magico e misterioso, forse è diventata una stella, forse vive in una casa fatta di nuvole che forse sono fatte di zucchero filato, osserva i genitori, accarezza le guance bagnate del babbo, dice un ti voglio bene allo zio.
«In quella stanza stranamente accogliente.»
In quella stanza c’è anche un marito, un marito che ancora non sa cosa pensare. Riconosce in quei momenti una sottile percezione di sollievo e se ne vergogna: è finita. Quella bara si porta via la sua compagna di una vita e anche lunghi, interminabili mesi strazianti di una malattia mangia speranze, mangia sogni, mangia tutto.
Sono tutti molto stanchi. Fissano la bara, un po’ in silenzio, un po’ piangendo, un po’ parlando, un po’ ridendo; sì, ogni tanto dicono qualcosa che li fa ridere, e ridono, e in quelle risa ci sta un universo. Un addetto apre la porta Scusate borbotta, poi entra, scrive con un pennarello nero un numero a più cifre sulla bara, si volta Sentite, la cassa viene bruciata, se volete scriverci qualcosa potete farlo dicendolo lascia il pennarello sulla bara ed esce, portandosi via ogni rumore.
I minuti si sgranano uno dietro l’altro, poi il fratello si alza e raggiunge il pennarello, Ci vediamo a Cutigliano. Dai un bacio ad Anna chiama la figlia e le dà il pennarello, Ciao zia con la manina di seconda elementare un po’ tremula. La cognata lo fissa con gli occhi impiastricciati di nero e lacrime, fa cenno di no.
Il marito si alza, prende il testimone e ora pensa. Pensa a quel primo bacio al buio nel teatro vuoto, al rinfresco del matrimonio in quello stesso teatro, a quella volta che l’aveva inseguita in bici con un mazzo di fiori tra le risa dei passanti, alla foto in Grecia con quel fiore tra i capelli, alla nascita delle figlie, ora adulte, al sole d’agosto nel giardino della loro casa in montagna. Sei ancora la mia fidanzata.
Francesca Caponi (1991) nasce e vive a Empoli. Laureata in Filosofia e forme del sapere all’Università di Pisa, ha frequentato corsi di scrittura alla Scuola Carver di Livorno e alla Scuola di Cinema Immagina di Firenze. Suoi racconti sono stati pubblicati con la casa editrice Valigie Rosse. Cofondatrice del sito internet di letteratura per l’infanzia Zucchero Librato, ha due bambini, Teresa e Giulio.