Un racconto di Filippo Avigo
Numero di battute: 2448
Le chiese erano deserte, non ci andava più nessuno. Forse per questo a lui piacevano ancora. Santa Maria dei Servi soprattutto, con quel profumo di legno antico che gli ricordava la casa dove viveva sua madre.
Si piazzava spesso in uno dei primi banchi della navata sinistra e, se c’era una messa, un po’ ascoltava il prete e un po’ sbirciava la pala di Cimabue – che poi chissà se era davvero di Cimabue – nella cappella di fianco all’altare. Con tanto di Madonna, bambino e angioletti imbronciati.
Quella domenica, quando uscì di casa, l’umidità fredda gli si ficcò nelle ossa. Era una sensazione strana, ma non gli spiaceva. Si strinse nel cappotto come se stesse abbracciando una donna e, sorridendo, si avviò sotto i portici di via Guerrazzi.
«Con tanto di Madonna, bambino e angioletti imbronciati.»
Raggiunse il cortile antistante la chiesa e ne percorse il perimetro fino ad arrivare all’ingresso laterale, quello che affaccia su strada Maggiore. Spinse l’ampio portone e s’incamminò lungo la navata sinistra senza fare rumore. Sedette in uno dei primi banchi, poco lontano dall’altare.
Nonostante la penombra, da lì la Maestà di Cimabue si vedeva bene. E a lui piaceva un sacco. Gli facevano simpatia gli angioletti ma, soprattutto, gli sembrava di ritrovare nel viso della Madonna alcuni tratti delle donne che aveva amato. Anche se, a guardarla bene, la figura a cui il maestro si era ispirato non doveva somigliare a nessuna di loro, con quello sguardo che trasudava una sana e irrimediabile ingenuità.
«Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio…» Il prete leggeva il Vangelo con voce solenne, come se la chiesa fosse gremita di fedeli. «… Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?»
Provò a immaginare l’imbarazzo di Gesù; se non ricordava male ci aveva messo il suo tempo a rispondere alla domanda.
«... Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.»
Ecco, infatti. Mica aveva risposto subito.
«Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro...»
Il prete interruppe la lettura con una pausa da attore. Voleva creare suspense, ma lui sapeva già come la storia andava a finire. E non aveva neppure voglia di sentirla di nuovo.
Tornò a concentrarsi sul dipinto. Gli angioletti erano sempre imbronciati ma, per un attimo, la Madonna ricambiò il suo sguardo con un sorriso malizioso. Scosse adagio il capo, rassegnato. Poi, senza aspettare che iniziasse l’omelia, si alzò e s’incamminò verso l’uscita.
Filippo Avigo ritiene la scrittura un hobby egocentrico di cui è preferibile non abusare. Di solito preferisce leggere, ma in qualche occasione gli è capitato di cedere alla vanità, lasciando trascurabili tracce in un paio di antologie e nel romanzo Inutili omicidi (Libromania, 2014).