Un racconto di Elena R. Marino
Numero di battute: 2500
Noi siamo le sante ce lo ripetiamo ogni giorno fa parte della disciplina delle sante ripetersi ogni giorno ciò che dona disciplina e ci rende sante in quanto sante. Essere sante è impegnativo, per questo oltre che sante siamo quasi sempre stanche, anche questo ce lo ripetiamo ogni giorno perché fa parte della disciplina che ci permette di essere stanche in quanto stanche, e ci fa penetrare ancora più a fondo nel mistero di essere sante, molto sante ma anche molto stanche.
Noi abbiamo a cuore il cuore, noi facciamo ogni cosa con il cuore noi penetriamo nel nostro cuore e ci rimaniamo chiuse per intere giornate, mentre continuiamo a operare in quanto sante spandendo intorno a noi nettare di lacrimosa santità. Siamo affastellate in quadretti dorati, ci stiamo strette ma non fa niente: la santità che nutriamo in quanto sante è più forte della claustrofobia che tutte noi proviamo in ogni punto del nostro corpo.
Noi soffriamo di claustrofobia nei quadretti dorati che ci ritraggono e anche nel nostro corpo che sta dentro i quadretti dorati, e la disciplina alla quale siamo abituate a volte non basta per stare tutte insieme così strette dentro i quadretti dorati.
«Noi abbiamo
a cuore il cuore.»
Soffriamo di claustrofobia nel nostro corpo tutto intero e nel nostro corpo in parti, e talvolta siamo in parti e talvolta siamo intere, ma in ogni caso ci stiamo strette, dentro. Per disciplina stiamo dentro anche se vorremmo uscire, ma uscire dalle parti è complicato e uscire dall’intero è proibito. La claustrofobia delle nostre parti è santa, le nostre parti sono conosciute e sconosciute, sono vagina eppure non sono vagina, sono retto eppure non sono retto, sono iride eppure non sono iride, sono dito eppure non sono dito.
Sono parti che vorrebbero aprirsi, essere dentro eppure essere anche fuori, ma non possono, e soffrono, e noi siamo stanche, noi siamo sante ma siamo anche stanche, e vorremmo uscire a passeggiare, ma i quadretti dorati sono tutti chiusi, e noi in folla accalcate e accaldate ci incastriamo l’una nell’altra con la nostra aureola e cantiamo, un canto senza fine, e battiamo le mani a tempo, battiamo le mani le une contro le altre, e non sappiamo più di chi siano le mani, sono parti dell’intero e il nostro intero non siamo noi, perciò non sappiamo più di chi siano le mani.
Per disciplina ci ripetiamo che siamo sante, e per onestà ammettiamo che siamo stanche, e per stanchezza stiamo immobili nel quadretto, e per questa nostra immobilità ci hanno cosparso d’oro. Così tanto che sopportiamo tutto questo. Perché l’oro ha sigillato ogni fessura: il futuro non può più entrare.
Elena R. Marino lavora come drammaturga, regista e formatrice presso il Teatro Spazio 14 di Trento. Ha pubblicato articoli di argomento filologico e letterario sul mondo greco classico e sul teatro contemporaneo, e un volume sulla metrica delle Olimpiche di Pindaro. Suoi racconti sono apparsi su riviste letterarie on line (Verde, Pastrengo, Crapula, inutile, Neutopia, Clean, Risme, Fillide, Micorrize). Ha pubblicato il romanzo Passeggiata nella notte (Bookabook 2022).