Un racconto di Samantha Mammarella
Numero di battute: 2475
Betta stanotte gira scalza, piccole scie appiccicose le colano in mezzo alle gambe sottili. Tiene in braccio una pentola senza manici, la stringe a sé come fosse preziosa. Ogni tanto scosta il coperchio, infila dentro il naso e ci alita dentro. Non vuole darla via quella pentola, è sua e di nessun altro.
La donna si muove verso la parte alta della città, senza sentire il peso della stanchezza. Fuori è buio, la ghiaia le ferisce i piedi nudi ma lei non ci fa caso. Pare quasi un fantasma con il vestito leggero, la sensazione di miele tra le dita e il sudore che le scola tiepido sulla fronte. Sta andando al Parco del Telegrafo, la sua compagna di stanza le ha detto che da lassù potrà respirare tutta l’aria del mondo, vedere Pescara come non l’ha mai vista.
Di Elia l’è rimasta solo quella pentola da custodire. Gliel’ha regalata lui prima che li dividessero per sempre. Una storiaccia, l’hanno definita all’istituto psichiatrico. Lui cuoco, lei matta.
«Lui cuoco,
lei matta.»
E Betta da quel giorno è scappata, porta a spasso la sua disgrazia, gira di notte col salato delle lacrime sulle guance. Qualcuno ha chiamato la polizia per riportarla indietro, nel letto numero 418, ma fino a quando non la trovano lei va, un piede davanti all’altro. Di quel posto fatto di camici e corridoi lei ama solo le mele cotte, le ricordano quelle che sua madre le preparava da bambina e che all’istituto Elia le nascondeva nella pentola per tenerle in caldo il più possibile.
Betta ogni tanto scosta il coperchio per soffiarci dentro, mentre l’umido della città le entra sotto la pelle. La pentola ormai è gelata quando affronta l’ultima salita coi polpacci che le pulsano.
Il Parco del Telegrafo appare ai suoi occhi come un posto bellissimo, un luogo da guardare senza la cornice della sua finestra. Si mette sotto un albero, raccoglie le ginocchia al petto e appoggia la pentola accanto a sé. Chiude gli occhi, si immagina di essere nell’unico posto in cui vorrebbe stare. Allunga la mano nel vuoto. Elia non c’è ma lei lo sente vicino lo stesso.
Poi riapre gli occhi, butta via il coperchio. Dentro la pentola c’è un corpicino freddo e immobile, portatore inconsapevole di un amore impossibile. È venuto al mondo con i lineamenti del padre e gli occhietti chiusi, sigillati come una cassaforte di cui nemmeno sua madre conosce la combinazione.
Betta lo prende in braccio, gli bacia i pochi capelli, sembrano grumi di sabbia bagnata. Poi lo solleva al cielo. «Respira, amore. Prenditi tutta l’aria del mondo.»
Samantha Mammarella (1979) è cresciuta a Pescara, dove vive tuttora. Ha sempre ascoltato e letto storie, finché a un certo punto le è venuto in mente che avrebbe potuto scriverle. Hanno dato fiducia alle sue parole Crack, Narrandom e Rivista Blam. Nel 2020 ha vinto la sezione Racconti del Premio Calvino.