Un racconto di Mario Greco
Numero di battute: 2484
Mi ero del tutto dimenticata dell’idraulico. Si presentò intorno alle nove. Un ragazzo grasso, con le braccia ricoperte di tatuaggi. Mi scusai per il disordine che regnava nel bagno. Mi sentivo in disordine anch’io, a dir la verità, con quel pigiamone di flanella addosso, i capelli tutti scompigliati.
«C’è da cambiare la guarnizione» disse il ragazzo.
Una diagnosi veloce e precisa, da vero professionista. Aveva un leggero affanno, teneva la bocca semiaperta e tirava sempre su col naso. Da un momento all’altro, qualche gocciolina sarebbe caduta giù. Flip, flop. Il suo naso come il mio rubinetto. Quando si piegava, i pantaloni scendevano giù, lasciandogli mezzo sedere di fuori. Mi sarei messa a ridere, se non fosse stato per quei tatuaggi. Tutti quei teschi, quelle croci.
«Chi è che gioca a calcio?» mi chiese, indicandomi le scarpette sporche di fango buttate in un angolo, a fianco della cesta dei panni sporchi.
«Mio figlio» risposi.
«In che ruolo?»
«Non lo so. In attacco, mi sembra.»
«È fortunato.»
«In che senso?»
«Tutti quei teschi, quelle croci.»
«Anche a me sarebbe piaciuto giocare in attacco, ma non potevo. Stavo sempre in porta. Non potevo correre, per via della gamba.»
«Che cosa ha la sua gamba che non va?»
«La sinistra è più corta della destra.»
«Non mi sembra.»
«Guardi, guardi bene.»
Si mise a camminare in quell’esiguo spazio, col busto eretto, come un modello. Io non notavo niente, nessuna differenza.
«Sono uguali» dissi. «Due gambe perfettamente uguali.»
«Non dica bugie» fece lui. «Zoppico. È così evidente.»
Si stava innervosendo. Si sedette sul bordo della vasca. Avevo l’impressione che si stesse mettendo a piangere. Tirava sempre su col naso. Non so perché, ma mi venne in mente il mio ex-marito che raccontava sempre tutte quelle barzellette sconce sugli idraulici. Si rideva sempre quando c’era lui che si esibiva al centro di qualche tavolata. Un attore nato. L’unica a non ridere ero io. Idraulici, carabinieri. Il solito repertorio, a uso e consumo dei commensali. Mio marito. Mi chiesi, perché, improvvisamente, mi ero messa a pensare a lui. Per non mettermi a piangere anch’io, guardai fuori dalla finestra, ma lo spettacolo non era esaltante. I palazzi grigi, la vicina che ritirava il bucato dallo stendino, il cielo minaccioso del tardo autunno.
Il rubinetto ci richiamò all’ordine. Flip, flop. Il ragazzo prese la sua bella chiave inglese e si mise all’opera.
«Perché non m’insegna come si fa?» gli chiesi. «Non dovrebbe essere tanto complicato cambiare una guarnizione.»
Mario Greco è nato nel 1959, a Sant’Arsenio, dove risiede. Nel 2011 ha ricevuto una menzione speciale dalla giuria del Premio Chiara per una raccolta di racconti inediti. Nel 2016 un suo racconto è stato pubblicato nell’antologia Dieci racconti per Piero Chiara (Macchione editore). Altri racconti sono stati pubblicati sulle riviste Tuffi, Carie, Grado Zero, Pastrengo, Rivista Blam, il Mondo o Niente, In fuga dalla bocciofila, Formicaleone, Smezziamo, Quaerere, Birò, Grande Kalma.