Un racconto di Marta Cristofanini
Numero di battute: 2494
Sogna che la testa di sua figlia si spacca come un uovo. Ne cola via una materia densa, del colore dei tuorli. Il silenzio si diffonde intorno a lei come una benedizione.
Quando riapre gli occhi, la bambina ha la faccia paonazza e urla. Le gengive nude rivolte verso di lei, il rumore di gola che si straccia, senza sanguinare. È lei, a farlo.
Le sono tornate le mestruazioni. Osserva la macchia che si spande, quel miscuglio di plasma ed emociti intento a corrodere il lenzuolo. Si alza. La bambina è zitta. Sradica il coprimaterasso, lo getta nella vasca sotto l’acqua fredda. Latte, ora, adesso.
Il seno punge mentre la bambina la guarda con occhi di spillo. Vede il suo seno appassire, schiacciato come uva nella bocca sdentata. Le mani grinzose della neonata insistono sulle smagliature, una smorfia di godimento le disfa i lineamenti. Sente i capelli pesanti sulle spalle.
«Latte,
ora, adesso.»
La bambina capelli non ne ha. Chissà se ne avrà tanti. Chissà se sarà una di quelle donne a cui s’intravede la nuca, dall’alto. Da piccola, in cima alle scale del palazzo, avrebbe voluto sputarci sopra.
In piedi, davanti al fornello. Dovrebbe mangiare lei, ora, ora che può, prima che. Sente rumori di suzione concitati, la bambina succhia con prepotenza la propria cavità orale, le gambe scalciano nel sonno.
A nove anni aveva visto una gatta partorire nella casa di campagna. Era riversa nella pozza dei suoi umori, divorata dai cuccioli ciechi, attonita.
Che ore sono, sembra notte. È rimasta in piedi con il frigo aperto, sente freddo.
Apre i cassetti, li chiude. Ancora quel grido, quell’annaspare, è bene che impari che io non ci sarò sempre. Glielo dice fissandola dall’alto, mentre si contorce senza fiato, il piumaggio rado sulla nuca scoperta. Per un attimo si rivede prendere la mira con la bocca piena di saliva.
Luisa capovolse le carte, le disse nulla accade per caso. Se lo ripete la notte, stringendosi le gambe al ventre quando il dolore diventa insopportabile. Il Matto, l’Appeso. L’Imperatrice. Li vede ballare in cerchio, sdentati, le ossa spezzate: l’Arcano del Sole sorge per ultimo, illumina un cavallo bianco con l’infante sul dorso che cavalca verso di lei, in fiamme.
Quando riapre gli occhi, la bambina si è sollevata sui pugni e ride con la faccia sgualcita.
Deve essere davvero notte, ora, perché lui accende la luce mentre chiama il suo nome.
«La bambina ha messo su i denti» gli dice.
Lui si sfila piano il cappotto, con cura lo ripone sul letto.
«Quale bambina?» risponde, senza guardarla.
Marta Cristofanini nasce a Genova, e ci ritorna. Si occupa di design conversazionale e comunicazione. Dopo aver passato del tempo (felice) a fare teatro, ora ne scrive su L’Oca critica insieme ad altri pennuti. I suoi racconti sono apparsi su Rivista Blam!, Salmace e su Retabloid nella sezione Atomi.