Un racconto di Giancarlo Dicarolo
Numero di battute: 2492
Talvolta un tiepido ricordo persiste nei recessi della memoria e opera tenace come un tarlo. Il tenue sole di un esordio d’estate riscaldava la mia testa calva e mi riportava alla mente un episodio della mia adolescenza. Nel villaggio di pescatori dove soggiornavo d’estate, avevo più volte osservato i giovani virgulti di quella rude generazione misurarsi nell’impresa di attraversare a nuoto l’ingresso del porto.
Come una lucertola al sole, fingevo di non vedere le chiassose combriccole che compivano la traversata. Così la chiamavano. Simulavo disinteresse, ma invidiavo quelle epiche spedizioni ed ero certo di non essere da meno.
«Non volli testimoni.»
Il martellare cadenzato e oppressivo di quei pensieri mi tormentò sino a quando mi sentii pronto per l’impresa. Non volli testimoni, così una mattina quieta di un agosto torrido, al sorgere del sole, dopo aver sciorinato una serie di scuse puerili alle zie che mi ospitavano, mi allontanai per ritrovarmi sulla punta estrema del molo maggiore da cui vedevo chiaramente il punto di arrivo.
Una strana euforia mi pervase. Mi tolsi la maglietta e la nascosi con le ciabatte in un anfratto della scogliera. Mi preparai al tuffo decisivo su di una chianca che lambiva l’acqua calma del porto. Chiusi gli occhi per trovare la concentrazione mentre il sole ormai caldo mi scaldava la fronte. Poi, come richiamato da una forza superiore, mi lanciai in mare con un tuffo a pelo d’acqua.
Riemersi qualche metro più avanti in direzione del piccolo faro e iniziai a nuotare vigorosamente. Un senso di energia e una vitalità senza limiti mi spinse per molti minuti verso la meta, mentre una profonda commozione per il mio virile coraggio mi pervadeva.
Circa a metà del tragitto commisi l’errore di rallentare e di fermarmi. In quel punto il mare era nero e un po’ agitato e, osservando il piccolo faro che avrei dovuto raggiungere, ebbi l’impressione che fosse lontanissimo. Dominai il panico che sentivo salire dentro di me e che mi paralizzava le membra. Mi dissi che ero stato sfortunato, la giornata era inadatta e il mare troppo inquieto. Non mi arrendevo, semplicemente rimandavo l’impresa. Tornai e risalii sugli scogli che iniziavano a popolarsi di bagnanti.
Steso al sole mi consolai dicendo a me stesso che avrei potuto farlo in qualunque altro giorno. Continuo a scorrere il giornale dei miei ricordi e mi chiedo se nello sfavillare di quella estate remota e nella mia vile resa non si origini la crepa dolorosa che percorre ancor oggi la mia vita infelice.
Giovanni Carlo Generoso Dicarolo nasce a Foggia nel ’59. Dopo una breve esperienza di lavoro presso la televisione nazionale come collaboratore del giornalista Mino Damato, intraprende la professione di insegnante di Latino e Greco che tuttora esercita. È presente su Instagram e TikTok con il profilo “latinointernos”, dove parla di cultura classica e lingua latina. È appassionato di narrativa e di poesia in versi.