Un racconto di Francesco Rago
Numero di battute: 2427
Sotto casa mia c’è un bar che è una specie di capsula del tempo, se ci entri finisci che ti ritrovi scaraventato una cinquantina di anni indietro, per via dei tavoli verde acqua in formica, dei tendaggi damascati alle vetrine, del manifesto del Biancosarti incorniciato e appeso alla parete dietro al bancone. A qualsiasi ora del giorno e della notte tu ci vada, stai sicuro che seduto al solito tavolo con un White Russian in mano e il sorriso obliquo di chi non c’ha tutte le rotelline a posto, c’è un tipo coi baffi e la erre moscia che si fa chiamare Pruzzo.
Che io una volta gliel’ho provato a chiedere: «Ma perché ti chiamano Pruzzo?».
Lui si è lisciato i baffoni e mi ha risposto: «Perché da piccolo tifavo Roma».
«E vabbè, ma che c’entra? Io tifo Inter ma mica mi chiamano Rummenigge.»
«A te no, a me sì.»
Argomento chiuso con una scrollata di spalle. La scrollata di spalle è un po’ il suo marchio di fabbrica: dopo una o due frasi te ne butta sempre lì una.
Io questo Pruzzo un po’ lo invidio perché riesce a campare senza fare nulla tutto il giorno, l’unica sua occupazione è quella di stare seduto al bar, roba che io se fossi in lui lo scriverei proprio sulla carta di identità. Professione: cliente del bar.
«Ma perché ti chiamano Pruzzo?»
A me invece tocca lavorare per mantenermi e oggi in ufficio ho avuto una giornatina pesante, con il mio capo che pretende sempre di fare le cose di testa sua, il problema è che lui è una testa di cazzo e così poi capita di dover fare dei lavori alla cazzo. Abbiamo bisticciato e mi sono dovuto trattenere dal mandarlo a cagare, solo che poi mi è rimasto addosso il nervoso e ho pensato che è meglio se rimango a distrarmi un po’ in giro. Ho mandato messaggi a mezza rubrica per trovare qualche faccia amica con cui fare un aperitivo, ma tutti a quanto pare sono impegnati: chi c’ha la moglie, chi c’ha l’amante, chi c’ha la palestra, chi c’ha il cane da portare a spasso.
Così mentre parcheggiavo ormai rassegnato ho avuto il colpo di genio di affacciarmi al bar a vedere se c’era Pruzzo. Ovviamente c’è.
«Ehilà» gli faccio.
Lui ricambia il saluto soffocando un rutto.
«Che si dice?»
Scrolla il testone.
Certo che parlare con ’sto tipo ti dà una soddisfazione…
Ordino una birra in bottiglia e me la bevo a collo, perché ho l’ansia di prendere il colera ad appoggiare le labbra a uno di questi bicchieri del secolo scorso.
«Allora?» lo incalzo.
«Uè cocco, se ti va c’ho due biglietti per i Creedence Clearwater Revival.»
Francesco Rago vive e scrive a Piacenza. Laureato in Scienze della Formazione, attualmente si occupa di formazione professionale presso una società del settore. Ha pubblicato i romanzi Reality 5.0 (Booktribu), Cani Malati in Val Padana (Ultra), Come ti calpesto il cuore (Ferrari), Grandine (La Gru), più numerosi racconti sparsi tra riviste e antologie.