Un racconto di Marta Barattia
Numero di battute: 2146
Luigi è seduto nell’ingresso quadrato, sprofondato in una poltroncina magra, le palpebre pesanti semichiuse dietro la spessa montatura in bachelite nera, le pantofole di panno, il gilet di lana. La pelle delle mani è trasparente, quasi azzurra.
«Facciamo due passi, è una bella giornata» dice Egle sfiorandogli la spalla.
«Non posso, aspetto una telefonata.»
«Una telefonata. E da chi?» chiede Egle.
«Una ragazza» dice Luigi, e gli si spalanca una fessura negli occhi e una identica schiude le labbra in un sorriso.
«Capisco» dice Egle, «allora uscirò per conto mio.» Infila il cappotto di cammello, si aggiusta i capelli sotto la cloche color cipria e scivola fuori dal portoncino.
Silenzio.
Trascorrono alcuni minuti, poi il telefono squilla.
«Non posso, aspetto una telefonata.»
Luigi si accende, solleva la testa, afferra la cornetta grigia dell’apparecchio posato sul tavolino lì a fianco e risponde. Ascolta. Annuisce. Ride. «Certo, certo» dice. «Al solito posto» dice. «A tra poco.» Poi riattacca. Scavalla le gambe per appoggiare entrambi i piedi a terra, piega i gomiti, spinge sui braccioli. Si smuove appena, incredulo.
La serratura scatta nuovamente ed è subito il provvidenziale ticchettio delle décolleté di Egle, il suo profumo al mughetto.
«L’appuntamento!» dice Luigi. «Si sbrighi, mi dia una mano!»
«Anche oggi ha ricevuto quella telefonata, allora…» dice Egle, e senza nemmeno sbottonare il cappotto si china a infilargli le scarpe che stavano già pronte lì a fianco. Un gettone del telefono le scivola fuori dalla tasca: tintinna, rotola sul pavimento di graniglia e si ferma muto contro le pattine, accanto al portaombrelli. Luigi si aggrappa al braccio di Egle, si solleva; escono insieme.
L’ascensore scende sferragliando al piano terra. Fuori il sole del pomeriggio bagna appena il marciapiede, nei viali del parco le foglie scricchiano sotto i loro passi lenti. Luigi ha il respiro sottile.
«Allora mi dica, signor Luigi. Chi è questa ragazza?»
«È Egle. La mia Egle. Ormai è quasi un anno che ci parliamo. Mi aspetta alla panchina vicino alla fontana. Non voglio far tardi, è già quasi il tramonto.»
«Siamo partiti per tempo; facciamo ancora un giro, camminare le fa bene.»
Marta Barattia (1977) è nata e vive a Torino. Sa da sempre di voler scrivere, perciò è brillantemente riuscita a non farlo per moltissimo tempo. Da vent'anni il suo non-vero-lavoro è insegnare il teatro a bambini e ragazzi condividendo il suo non-dignitoso-stipendio con un marito, due figlie e un cane. Non ha mai superato la prova costume.