Un racconto di Ilaria Tedesco
Numero di battute: 2446
A settembre avrei dovuto iniziare Giurisprudenza.
«Ci darà soddisfazioni» era solito ripetere mio padre. Col tempo, poi, i colleghi hanno iniziato a guardarmi storto e la mano sulla spalla si è fatta più pesante.
All’inizio mi piaceva stare in mezzo a quegli scaffali. Da piccolo per esempio mi divertivo a inseguire date e timbri sui fascicoli polverosi, a lisciare il dorso dei libri col dito. Mio padre scambiava quei giochini matematici per curiosità finendo per leggermi quelle che credevo incomprensibili storie numerate da tomi presi a caso. «Un giorno imparerai tutti gli articoli» mi diceva, «perché sei intelligente.»
Quando iniziai a leggere quei codici, invece, non ci capivo niente. Troppe virgole. Con i numeri era diverso. C’erano le centinaia-decine-unità virgola i decimi-centesimi-millesimi. Se persino qualcosa di trascendente come il pi greco ne aveva una sola, il problema doveva essere del legislatore. «Sei intelligente, devi imparare a stare al tuo posto» mi disse. Fu l’unica vola che glielo feci notare.
«Ce la farà,
non vedi che è intelligente?»
La prima litigata avvenne in prima liceo. Una questione condominiale: articoli mille centodiciassette, mille centoventiquattro e mille centotrentasei. Lui spiegava e io vedevo solo tre punti con la stessa ordinata per i quali passava una (e una sola) retta. «E l’articolo mille centoventinove?» chiesi spaesato. «Non ci riguarda» rispose. Disegnai allora un piano cartesiano mostrandogli come la retta passasse anche da lì. Mio padre alzò gli occhi al cielo urlandomi di restare nel mondo reale. Ma quello non era un asse immaginario, restavo persino bidimensionale. «Sei intelligente, perché non usi parole?» mi implorò. Ma quelle che usava lui io non le capivo.
La notte di cinque mesi e sette giorni fa origliai alla porta della stanza da letto. Mia madre piangeva, diceva che non mi aveva dato scelta. «Siamo avvocati da generazioni» rispose mio padre. «Chi porterà avanti l’attività, sennò?» Poi la rincuorò: «Ce la farà, non vedi che è intelligente?».
Fu allora che decisi di fare la cosa più stupida che mi venne in mente: diedi fuoco allo studio.
A pensarci bene avrei potuto essere un filino più intelligente, avrei potuto consultare prima il codice penale. Ma come ho detto, quei tomi mi erano ostici: troppe virgole, poche rette. Mi sarei perso nei calcoli.
A settembre dunque non inizierò Giurisprudenza. Magari tra quattro anni, quando esco. Sempre che mio padre mi consideri ancora intelligente, chissà.
Ilaria Tedesco, campana, ha studiato Economia. Si occupa di cooperazione internazionale e progetti di sviluppo rurale. Dopo aver girovagato qua e là, ora vive a Monaco di Baviera. Ha frequentato la scuola di scrittura Belleville e il suo primo romanzo è uscito dal cassetto.